Io e Lollo
Quando si suol dire "una di quelle giornate da ricordare a lungo"...
Una rilettura a posteriori delle mie uscite lascia trasparire un'inequivocabile ricerca dell'esperienza totalmente immersiva nell'ambiente alpino, Into the wild.
L'idea si insinua, poi si concretizza, creando così un pericoloso precedente...
I fatti, affascinanti e impietosi al tempo stesso: sveglia poco prima delle 2,00, auto e zaino già pronti e via verso l'appuntamento con Lollo al casello di Carmagnola alle 2,30.
Lo trovo già fuori dall'auto, operativo, carichiamo la mia e partiamo.
Alle 2,34 ridiamo come pazzi dopo aver già litigato con un idiota reo di aver lampeggiato con i fari un chilometro più indietro. E' buio, non mi vede gesticolare, mi accontento di tenergli gli abbaglianti piantati nello specchietto fin quasi a Moncalieri.
La destinazione è la Val Ferret, la conca del Triolet al Monte Bianco.
Precisamente, la via La Beresina (5c D+ 12L 340 m) ai Monts Rouges de Triolet - Punta Centrale (m 3.327), una via firmata Motto e Piola.
La strada scorre senza problemi, non avvertiamo nemmeno il sonno, tanta è l'adrenalina per l'azione imminente.
Alle 4,30 siamo al fondo della Val Ferret, ovviamente non abbiamo incontrato quasi anima viva; ad Arnouva, dove non vengo da anni e causa il buio totale, ravaniamo un po' per parcheggiare senza essere multati o peggio... Non mi viene in mente che, oltre quel ponticello con cartello minatorio di divieto di accesso salvo autorizzati, in realtà si trova il parcheggio che usano tutti...
Alla fine, dopo aver perso 20 minuti, parcheggio a lato della strada, ben fuori dall'asfalto; ci prepariamo, abbiamo l'armamentario pesante: scarponi da alta montagna, ramponi, piccozza, due mezze corde da 60 m, serie di nut, serie di friend fino al #2, fettucce varie, scarpette, 12 rinvii, bottiglia da 1 litro di coca, bastoncini... zaini enormi e pesantissimi, soprattutto.
Poco abbigliamento, date le previsioni strepitose e lo zero termico alto, in assenza di vento.
Pochi minuti dopo le 5 siamo in marcia e alla nostra sinistra ecco le punte dei Monts Rouges de Triolet, lontanissime e altissime, viste dal fondovalle:
Fortunatamente le tre passerelle sul torrente sono tutte al loro posto, dato che l'ultima volta anni fa a inizio stagione avevo dovuto inventarmi un guado...
Quando camminiamo lungo la morena, il sole arriva a illuminare le vette circostanti, a partire dal Mont Greuvetta (m 3.684):
Alle 6,15 ecco il rifugio Dalmazzi in vista, abbarbicato lassù:
Percorriamo il sentiero sul filo della morena, fin quando non devia a destra, percorrendo un nevaio dalla consistenza tranquilla, che non ci richiede i ramponi e che ci dà accesso allo sperone roccioso attrezzato con canaponi e gradini in ferro che sostiene il rifugio:
Il panorama tutto intorno è a dir poco grandioso, alta quota:Grandi vette, ghiacciai e seraccate, il Monte Bianco...
Pochi minuti dopo le 7,00 siamo al Rifugio Dalmazzi (m 2.590), sospeso sulle rocce, ancora chiuso:
Qui facciamo una pausa ristoratrice, mangiamo e beviamo qualcosa, seduri fuori dal rifugio.
Poi rileggiamo la relazione e ci rimettiamo in marcia, alla ricerca della cima giusta e del'attacco della nostra via.
Seguiamo il sentiero verso le pareti, purtroppo la nostra via è in uno dei settori più lontani, un'altra ora oltre il rifugio...
Dopo una decina di minuti dobbiamo prendere piede sul glacio-nevaio, calzando i ramponi per progredire più sicuri e spediti, nonostante la neve sia piuttosto molle.
L'ambiebte in cui siamo immersi ci assorbe totalmente:
Continuiamo in leggera salita, sfilando sotto le varie punte della lunga costa dei Monts Rouges, in direzione di una evidente seraccata, passando poi alla sua destra:
Ogni tanto ci fermiamo, un po' per la fatica, un po' per studiare le pareti e la relazione.
Alle 8,40 ci siamo, tutto torna: la nostra parete è quella lassù:
Ora impegniamo il pendio nevoso che sale alla parete, con pendenza fino a 45°, su neve dalla consistenza perfetta:
Quando arriviamo sotto alla via, troviamo un muretto di neve a 55° e la terminale da superare, come temevo. La cosa non è un grosso problema, una volta individuata la strada giusta, al secondo tentativo; qui finalmente (avendola portata a spalla fino ad ora...) torna utile la piccozza: ci leghiamo con una mezza e salgo io verso la roccia:
L'idea è di raggiungere la prima sosta con i ramponi ai piedi e qui di cambiare assetto, calzando le scarpette; lasceremo qui in sosta ramponi, scarponi e piccozze; recupero Lollo:
Ci siamo, da qui in poi finalmente si scala sul mitico granito del Triolet!
Sono le 9,40 quando attacco il primo vero tiro della via di Motto e Piola, il secondo di giornata, lungo placche e muretti (4b) di fantastico granito rosso:
Raggiungo la sosta, perfettamente attrezzata con due spit, cordone e anello di calata; da qui recupero l'amico:
Incredibile il caldo che sentiamo... siamo a tremila metri, in ombra, ho una maglietta manica lunga e sto benissimo!
Avanti subito lungo il terzo tiro (5a), salendo lo speroncino leggermente a sinistra della sosta, dopo il quale scalo diedrini e fessure diritto in verticale, uscendo poi su rocce più abbattute e facili, fino a reperire la sosta:
L'amico mi raggiunge veloce:
Lollo passa avanti per il quarto tiro (III+), lungo placche e rocce articolate, sostanzialmente in linea retta, fino alla terza sosta:
Il quinto tiro (5c) è il primo tiro veramente bello.
Traverso a sinistra qualche metro, scalo la placca in diagonale sempre a sinistra e mi porto sotto allo splendido diedro verticale di granito rosso:
Traverso ancora a sinistra e scalo il diedro successivo, prima in opposizione, poi cavalcandone la faccia sinistra sullo spigolo, proseguendo oltre un bel muro ed una fessura, su diritto, fino alla nicchia dove trovo la sosta, in piedi su uno spuntone:
Faccio sicura al socio, il quale inizia ad essere inseguito dal sole:
Sembra davvero surrealecercare di fuggire il sole a tremila metri, ma oggi è proprio così!
La sesta lunghezza (5b), a dispetto del grado non eccessivo, si presenta impegnativa, essendo un muro verticale di oltre 40 m protetto solo con un paio di spit, il secondo dei quali saltato da me causa sole negli occhi... Si protegge bene a friend, per fortuna:
Trovo la sosta circa 8 m sotto il bordo della parete, prima di una sella; recupero l'amico, che sale divertendosi e lodando la qualità della roccia a sua volta:
Il settimo tiro (5c) è stratosferico: salgo la parte finale della placca fino alla crestina alla sella, traverso in grande esposizione ma senza difficoltà fino a raggiungere la faccia destra di un grande diedro rosso, che impegno in opposizione e con mani in fessura sul fondo fino alla sosta; poi è la volta di Lollo, il quale mi trova concorde nel definire il diedro più 6a che non 5c:
L'ottava lunghezza (5c) è anch'essa bellissima: proseguo lungo il diedro fino a uscirne su un terrazzino, da cui scalo a sinistra per riprendere il filo dello sperone, fino alla sosta:
Avanti, stiamo scalando velocissimi, senza intoppi o incertezze; salgo la nona lunghezza (5b), magnifica anch'essa, soprattutto per la qualità della roccia, arrampicando sempre a poca distanza dallo spigolo:
Raggiungo la sosta e, mentre faccio sicura all'amico, ammiro il panorama, che spazia dalle cime ghiacciate verso sud-ovest:
al sottostante ghiacciaio del Triolet, con le sue seraccate e i laghetti effimeri di fusione dai colori surreali:
Poi alzo lo sguardo e già smanio all'idea di proseguire la nostra cavalcata verso la vetta:
Le soste sono attrezzate tutte allo stesso modo, impeccabile (notare il dettaglio sul granito):
Decimo tiro (4c): sempre vicino al filo di cresta, divertentissimo:
Lollo entusiasta, come me:L'11-esimo tiro (4) è simile, ormai una cavalcata, fino alla sosta finale su due spit collegati da cordone rosa:
Mentre l'amico sale gli ultimi passi, io già mi dedico ai selfie:
Che dire ancora del contesto in cui siamo?Alle nostre spalle le Grandes Jorasses (m 4.208) e la bianca calotta sommitale del Monte Bianco (m 4.810):
Sgranocchiamo e beviamo qualcosa, la via in pratica termina qui; sono le 13,20.
Io però decido di farmi ancora un giretto sulla vetta vera e propria, a 3.327 metri, slegandomi (mentre l'amico saliva ho già attrezzato la calata in doppia) e percorrendo l'ultimo facile tiro di II grado fino all'esile punta, immortalato dall'amico:
Oltre la cima, a nord-est il bellissimo Mont Dolent (m 3.820), sulla cui vetta confluiscono i confini di Italia, Francia e Svizzera:
L'Aiguille de Triolet (m 3.874):Selfie con le Grandes Jorasses e il Bianco alle spalle:
e con i Monts Rouges de Triolet:
Iniziamo le calate, che nonostante presentino qualche frangente delicato scorrono via lisce:
Alle 15,30 siamo all'ultima sosta, dove rimettiamo scarponi, ramponi e tutto il resto, poi un'ultima calata da 30 m ci deposita sul nevaio, al di là della terminale; ora non ci resta che un'eterna discesa, sotto un caldo pazzesco, con neve ormai pappa:
Il cielo è talmente terso da sembrare quasi scuro, quassù in quota...
In oco più di mezz'ora torneremo al rifugio:
Dopo una sosta per mangiare e bere qualcosa, giù lungo lo sperone attrezzato e poi l'ultimo nevaio, che a sorpresa ci fa rimettere i ramponi.
Poi il sentiero, lungo la morena e poi oltre il torrente, accompagnati alla fine da una piacevole brezza:
I miei scarponi, dopo anni di onorata carriera, tante salite tra cui 30 Quattromila, decidono di lasciarmi in questa splendida giornata:Scendendo la Val Ferret, da cui ripartiamo alle 19, lo sguardo è ovviamente magnetizzato dall'Aiguille Noire de Peutérey (m 3.773):
Stanchi ma soddisfatti e felici, troviamo infine ristoro dal paninaro fuori dal casello autostradale di Carmagnola:
Grandiosa giornata, alle prossime avventure!
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