Io, Manu, Carlo e Paolino l'Alpino
Ormai la stagione sembrava finita per le grandi realizzazioni: il mare, la vendemmia, poi il freddo...
Invece, ecco l'occasione propizia per piazzare la zampata!
Captiamo e cogliamo il richiamo magnetico del Monviso (m 3.841), che saliremo per la Cresta Est (IV AD 1.200 m), una scalata che sognamo da tempo.
Sabato, subito dopo pranzo, partiamo alla volta del Pian del Re (m 2.020), dove sperimentiamo la novità del pedaggio per entrare a parcheggiare nella celebre conca (8 euro)...
Sullo sfondo, la vetta incombe su di noi:
Ci carichiamo come muli e partiamo: siccome il rifugio Quintino Sella (m 2.640) è strapieno, ci tocca portarci in spalla tenda, materassino e sacco a pelo.
Il sole cala presto dietro le imponenti vette, regalandoci suggestivi giochi di luce:
Alle 18,00 siamo al rifugio, piantiamo la tenda nei suoi pressi e ci mettiamo a studiare la via, soprattutto per individuare l'attacco.
Ci godiamo una buona cena, chiusa con una tazza di thè caldo ed andiamo a infilarci nei sacchi piuma. Come previsto, la temperatura è in rialzo, dopo il freddo polare dei giorni scorsi e noi in tenda stiamo da dio. A parte il fatto che siamo un po' strettini e Manu che ci rompe le scatole perchè il suo sacco piuma ha la lampo fuori uso e non può chiuderlo, la notte fila liscia fino alla sveglia, che impietosa ci riporta alla nostra avventura alle 4,15.
Usciamo dalla tenda per tastare la temperatura: buona, non fa troppo freddo; milioni di stelle ci accolgono.
Alle 5,00 siamo pronti e imbragati, lasciamo la tenda alla luce delle lampade frontali; una fila suggestiva di lumicini si snoda dal rifugio verso il Passo delle Sagnette: sono gli alpinisti che salgono il Monviso dalla via Normale (PD+).
Noi ci dirigiamo verso l'enorme conoide detritica che scende fin nel Lago Grande di Viso, proprio di fronte al rifugio, sulla sponda opposta. Cominciamo ad arrancare per la pietraia, ma facciamo fatica ad orientarci, in quanto la luna è assente e la frontale fa quel che può...
Siamo i primi ad attaccare la pietraia, qualche altra cordata ci segue; saliamo troppo in alto, non avendo visto il bollo giallo sulla parete... Mentre riscendiamo l'infido terreno, Carlo si becca anche un bel masso sulla tibia, mentre buona parte delle altre cordate attaccano prima di noi.
La prima parte della scalata è piuttosto semplice, per cui partiamo slegati e con gli scarponi ai piedi. Sono le 06,10.
Pochi minuti dopo, finalmente, possiamo spegnere le pile frontali e spunta il sole:
Saliamo abbastanza veloci, divertendoci un mondo: la via è una sequenza di paretine e diedri da scalare, inframezzati da tratti in cui si può camminare.
Il sole infiamma la parete, la temperatura è gradevolissima, il vento assente: ben presto, siamo in maglietta.
Prendiamo quota rapidamente: il rifugio, il lago e la nostra tenda sono già molto lontani, giù in basso.
Guadagnamo il filo di cresta ed affrontiamo passaggi molto divertenti:
Alcuni passi sono un po' al limite del free-solo, per noi, così Paolino e Carlo decidono di legarsi e di procedere in conserva.
Io e Manu proseguiamo slegati. Carlo continua a professarsi un non-arrampicatore: in realtà, le poche volte che mette le mani sulla roccia se la cava egregiamente!
Alla quota di circa 3.200 m, arriviamo in prossimità di una targa apposta in memoria di una ragazza caduta in quel punto: qui bisogna superare una paretina verticale (III+), ben appigliata ma esposta, con una sosta in cima per recuperare il compagno.
La via è ben segnalata, prima con bolli gialli, poi con tacche rosse un po' meno evidenti, oltre a svariati ometti di pietra qua e là; in ogni caso, è molto logica ed intuitiva.
Nella prima metà della via, si tiene come riferimento il maestoso Torrione Saint Robert (m 3.590).
Siamo ormai vicini al Torrione, quando ci si para di fronte un passaggio non banale: saliamo un bel diedro di roccia bianca (IV-), attrezzato con un chiodo intermedio ed un anello di sosta; ecco, qui io e Manu siamo d'accordo nel giudicare piuttosto al limite quella salita slegati...
Dopo di me, Paolino sale e recupera Carlo dalla sosta:
Segue un'altra divertente parete sempre su roccia bianca, che ci conduce esattamente sotto il Torrione Saint Robert.
A questo punto la relazione contempla la possibilità di salirlo fino in cima e ridiscenderlo, oppure aggirarlo sulla sinistra; siccome la prima ipotesi richiede circa un'ora e mezza in più, optiamo senz'altro per la seconda, anche perchè andarsi a cercare un IV+ in quel modo appare un po' una forzatura gratuita, essendo la via già abbastanza lunga così.
Eccoci affrontare l'articolata parete alla sinistra del torrione:
Riguadagnamo il filo di cresta: alle nostre spalle, la cima del Torrione St. Robert:
La cresta presenta nella seconda parte tutta una serie di torrioni da superare; la cima del secondo va aggirata sulla destra con un passaggio non banale, anche perchè esposto a nord, con ghiaccio...
Poi, cavalchiamo di nuovo il filo di cresta, sospesi in cielo:
Un altro torrione, superato dopo una bella arrampicata su placca:
Ormai vediamo la cima, anche se in mezzo ci sono ancora due torrioni:
Un passaggio esposto, su esile spigolo:
Ed eccoci alla via di fuga (la cosiddetta "Via della Lepre"), che consente di abbandonare la Cresta Est per raggiungere la via Normale, tramite una traversata sulla sinistra di un centinaio di metri:
Subito al di sopra di questo punto, si trova il passo chiave della via, un pilastro da scalare (IV), attrezzato con un cavetto metallico su uno spuntone ed una sosta alla sommità.
Saranno una quindicina di metri, forse meno, e io e Manu decidiamo di legarci, anche per non portare a spasso la corda proprio per tutta la via...
Dopo questo tiro, rimettiamo la corda in spalla e risaliamo gli ultimi risalti; c'è ancora un torrione, qualche passo di bella arrampicata e poi le difficoltà si abbattono, ormai ci siamo:
Alle 11,15 metto piede sulla vetta del Monviso per la quarta volta:
La temperatura è piacevolissima e non c'è vento; la cima presenta ancora un po' di neve:
Le foto di rito e la firma del libro di vetta:
Ci svacchiamo un'oretta, poi cominciamo la discesa lungo la Via Normale, facendo un po' di coda ai passaggi più ostici...
Un ultimo sguardo, sotto la cima, alla cresta percorsa:
Alle 16,10 siamo al rifugio, che assaltiamo con bibite, torta e thè!
Poi ci riposiamo un po', ma io voglio scendere, per cui inizio a smontare la tenda, mentre i miei compari ci dormono dentro!!!
Dopo qualche improperio, riesco a stanarli, ci carichiamo l'inverosimile in spalla e partiamo alla volta del Pian del Re.
Rimane il ricordo di una due giorni indimenticabile e divertentissima, oltre alla realizzazione di una scalata sognata da lungo tempo.