Mercoledì 24 luglio 2019
Io e il Pol
Io e il Pol potevamo far finta di niente, con una via mitologica come la Aste-Biancardi (6a TD 13L 500 m) alla Punta Tino Prato (m 2.595), nel gruppo del Marguareis, probabilmente la via più celebre delle Alpi Liguri, grazie alla firma dell'asso dolomitista Armando Aste, che la aprì nel 1961.
La partenza è disuman, ovviamente, essendo una mezza follia pensare di fare la via in giornata partendo da casa...
Parcheggio l'auto a Pian delle Gorre (m 1.032), all'ingresso del Parco del Marguareis, ci prepariamo con tutto l'armamentario possibile, quindi ci incamminiamo con le pile frontali ben accese, nel buio, alle 5,00.
Saliamo di buona lena, il mattino presto si cammina bene, non fa ancora caldo; verso le 6,30 eccoci in vista del rifugio Garelli (m 1.970), dopo aver oltrepassato pochi minuti fa una malga custodita da un cane chiassoso ma simpatico:
Volgendoci a destra, ad est, la parete maestosa dello
Scarason (m 2.359), protagonista di un bellissimo libro dell'amico Fulvio Scotto che ho letto di recente:
Di fronte a noi il Marguareis, il Canalone dei Genovesi salito anni fa con Paolino l'Alpino e soprattutto la nostra meta odierna, lo spigolo nord-est della Punta Tino Prato:
Raggiungiamo la cima del costone roccioso poco prima del rifugio e lo evitiamo prendendo il sentiero che scende dal lato opposto, con un semicerchio fino ad un minuscolo laghetto, da cui la nostra via è ora molto evidente:
Attraversiamo una sorta di giardino botanico e iniziamo a salire il grande conoide alla base del Canalone dei Genovesi:
Dapprima erboso, presto diventa detritico, quindi sia detritico che molto pendente; il nostro incedere si fa abbastanza penoso, arranchiamo quasi un'ora, poi traversiamo a destra in corrispondenza di un diedro-quinta come da relazione, non prima di imbattermi in una piccozza che la pietraia restituisce dopo l'innevamento:
La raccolgo e la deposito alla base della rampa che seguiamo in uscita dal canalone per guadagnare la parete, usandola come ometto...
Una breve rampa erbosa, un po' esposta, conduce alla sosta a spit:
Sono passate da pochi minuti le 8,00, siamo in ombra ma si sta benone.
Sgranocchiamo qualcosa, ci leghiamo e ci siamo; prendo tutto l'armamentario, parto io per il primo tiro (IV), traversando qualche metro a destra, poi salendo un pilastrino seguito da salti inframmezzati da cenge erbose:
Nulla di tecnicamente difficile, ma molto esposto e soprattutto molto delicato, roccia friabile, come ci aspettavamo... Bisogna poi stare molto attenti a non finire fuori via, perchè le rogne sarebbero garantite al limone...
Raggiungo e trovo la sosta a spit, da cui recupero l'amico, mentre intanto è arrivato il sole:
Ci alterniamo in testa, Pol sale il secondo tiro (dato IV+, ma perlomeno dove sale il Pol siamo decisamente più su di grado...).
Pol affronta un bel muro proprio sopra la sosta, poi piega a sinistra su lame piuttosto malsicure; la relazione recita "salire infine una bella placca (2 chiodi) fino ad
una nicchia".
Questa la teoria... in realtà il socio sale muri impegnativi, senza trovare più chiodi, per finire in un sistema di diedri (5c) e poi attrezzare una sosta, alla fine della corda:
Salgo a mia volta, un po' preoccupato di finire chissà dove su queste pareti enormi e poco conosciute... in realtà probabilmente raggiungiamo il percorso descritto, arrivandoci per una via più impegnativo di quanto atteso. Ma il Pol attrezza una buona sosta e si va avanti:
Vado avanti io, superando il diedro che ci sovrasta (IV), uscendo su una grande cengia:
Proseguo poi rinviando la sosta S3 e salendo il quarto tiro (III+) per placche e muretti fino alla sosta su una spalla dello spigolo, quasi al centro della foto:
Resto ancora davanti per il quinto tiro (V), scalando un muro nerastro in traverso a sx su appoggi spesso instabili, con un paio di chiodi in posto, superando poi un piccolo strapiombo seguito da rocce più facili, ma sempre molto instabili e poco affidabili:
Molto felice di raggiungere la solida sosta dopo un viaggetto a dir poco adrenalinico, posso recuperare l'amico:
Sesta lunghezza (V+): il Pol aggira lo spigolo a sinistra (rocce instabili), per entrare in un diedro
camino con roccia poco buona all'inizio. Poi emerge dal camino, i cui bordi si fanno arrotondati, con un
impegnativo passo in spaccata su ottima roccia. Continua poi lungo
una bella fessura e infine una placca più facili, dopo un altro viaggio di 40 m, rinviando due chiodi e un bong incastrato:
Laggiù il rifugio, chissà se qualcuno sta tenendo d'occhio i due idioti appesi quassù, visto che capita decisamente di rado... L'ambiente è grandioso, niente da dire; la roccia decisamente meno...
Torno davanti per il settimo tiro, la relazione parla di IV grado.
Salgo l'evidente fessura, in realtà abbandonandola a metà per traversare a sinistra e ritornare in alto dopo, poi salgo placche più facili fino alla forcella di un aguzzo gendarme. Da qui scalo ancora una bellissima ed estetica placca appoggiata, fino alla solida e comoda sosta:
In foto, giù in basso l'irreale aguzzo gendarme e l'ultima bella placca, in fantastica piena esposizione, con il Pol in azione:
E siamo al tiro chiave, l'ottavo (6a), che come giusto si sciroppa il fortissimo.
Pol attacca il muro solcato da una fessura piuttosto atletico, poi sale diagonalmente a destra, in piena esposizione, rinviando alcuni chiodi, per proseguire dritto su ottime placche grige:
Purtroppo si conferma l'estrema pericolosità di questa via quando addirittura sul tiro chiave, dove il percorso è piuttosto obbligato, mi resta in mano un blocco di discrete dimensioni...
Per il resto il tiro è molto bello, peccato il non poter godere appieno della scalata, diffidando continuamente di quel che tiriamo o carichiamo...
Io sulle placche finali:
Passo avanti per salire il nono tiro (III+), salendo il diedro rotto a sinistra, traversando ancora a sinistra e salendo le facili rocce che mi fanno guadagnare il filo di cresta, dove trovo la sosta:
Pol segue a ruota:
Avanti, decima lunghezza (IV): Pol punta alla cresta scalando grandi lame poco stabili, per uscire su un crinale che diviene quasi orizzontale, trovando la sosta (un po' nascosta) dopo oltre 50 m:
Che ambiente...
Segue un tiro, l'undicesimo, quasi di trasferimento: percorro la cresta orizzontale fino alla sosta successiva, alla base dell'ultimo risalto, dopo circa 40 m.
Dai che è quasi finita, ma c'è ancora un tiro bello psycho...
Dodicesimo tiro (IV+): Pol traversa qualche metro a sx, in discesa di un paio di metri, poi affronta un
diedro piuttosto friabile e delicato, dove la roccia migliora un po' salendo:
Percorre un lungo tratto, poi attrezza una sosta e mi recupera.
Quando lo raggiungo, vediamo che ormai ci siamo: vado avanti per la tredicesima e ultima lunghezza (III+), raggiungendo la cresta, volgendomi verso il socio in sosta, sospeso sul mondo:
Percorrendo la cresta fino in cima alla Punta Tino Prato (m 2.595), senza vere difficoltà, se non la precarietà estrema della roccia calcarea:
Sono le 13,30 e sono in cima, siamo stati rapidi; lassù, la vetta del
Marguareis (m 2.651):
La corda sta per finire e di qui in avanti il terreno è sempre delicato ma facile: urlo al Pol che intendo proseguire, che quando la corda finirà dovrà partire pure lui e chiuderemo le danze in coserva protetta lunga; di fronte a me la cresta prosegue verso il Colle dei Genovesi, dove sbuca l'omonimo Canalone che percorsi anni fa con l'Alpino:
Quando siamo fuori dalle difficoltà, ci sleghiamo, sgranocchiamo qualcosa e saliamo per una ventina di minuti tra pietraie e detriti erbosi fino alla sommità del Marguareis (m 2.651):
Qui faccio il graditissimo e sorprendente incontro col mio amicone Stefano, che sta accompagnando un gruppo di studenti.
Commenti sulla via: chi mi conosce sa che sono abbastanza di bocca buona e che il classico e
l'avventura mi piacciono. Onestamente però non so a chi mi sentirei di
consigliare di andare a ripeterla, senza temere di avere sulla coscienza
qualcuno...
Torre splendida, linea elegante, ambiente magnifico, ma... via obiettivamente pericolosa, secondo me.
Roccia veramente troppo marcia, quasi ovunque...
Abbiamo impiegato 5 ore a scalare la via.
Ora possiamo iniziare la discesa.
Doppiata la vetta, proseguiamo sul lato opposto fino al Colle dei Torinesi, poi giù per il sentiero attrezzato Sardella, lungo il canalone:
Al termine dello splendido sentiero attrezzato (splendido, sì, peccato essere stanchi morti...), scendiamo penosamente un infinito pendio detritico, da cui possiamo ammirare la torre appena scalata:
Da qui in avanti, un infinito sentiero, con tanto risalita verso il rifugio e poi l'eterna discesa a valle, dove arriveremo letteralmente sfatti, accolti solo dalle nostre fantastiche e stra-agognate lattine di Monster...