sabato 21 agosto 2010

ROCCA CASTELLO (m 2.452): Balzola

Sabato 21 agosto 2010


Io e Manu

Che via spettacolare!!!
Nonostante la Rocca Castello (m 2.452) sia vertiginosa e rappresenti il regno del vuoto e dell'esposizione, nonostante richieda un po' di quel famoso ingaggio, altrimenti detto "pelo sullo stomaco", nonostante la chiodatura sia tutt'altro che moderna e plaisir, nonostante sia il teatro dell'unico serio incidente che mi sia occorso sulle crode... il fascino magnetico che queste pareti esercitano è irresistibile!
Così, eccoci ancora una volta a Chiappera, in alta Val Maira, al cospetto di questo assurdo missile di quarzite conficcato dritto verso il cielo, quasi contro ogni legge fisica...
E' sabato 21 agosto, l'ultima uscita di due settimane di alpinismo e arrampicata, splendide, in totale libertà, schiavo solo del meteo, che fa pur parte della natura però...
Decidiamo di chiudere col botto, con una grande via di roccia in ambiente.
Per la verità ieri e oggi avrei dovuto essere al Mont Blanc du Tacul (m 4.248) con Carlo, ma le copiose nevicate dei giorni scorsi (60 cm!), il vento dei giorni successivi ed il deciso rialzo termico di questi ultimi giorni mi fanno optare per altre destinazioni: non è il caso di andare a sfidare il pendio innevato a 45° della sua parete nord proprio oggi...
Nonostante Carlo abbia preso un giorno di ferie, decidiamo saggiamente di non tirare troppo la corda e di rimandare la scalata, in modo da godercela come merita.
Venerdì il meteo è uggioso, a casa lascio decantare la delusione e sento salire l'ispirazione: sabato il meteo è perfetto: perchè non andare in Castello-Provenzale, la cui quota non fa tra l'altro assolutamente temere la presenza di neve recente?
OK, è deciso: Manu risponde con entusiasmo.
Partiamo alle 5,00, sosta colazione e alle 7,30 siamo a Chiappera.
La temperatura è ottima, non c'è vento e lo zero termico è oltre i 4.200 m.
Senza fretta, vista la pioggia della sera precedente, ci prepariamo ed imbocchiamo il sentiero basso, appena sopra il rifugio Campo Base.
Saliamo lungo i prati, ammirati dall'enorme prua della Rocca Provenzale (m 2.402) che da qui nasconde le altre vette sorelle.
Strada facendo, non ci sottraiamo ad un fugace incontro occasionale con le mucche al pascolo, placide e, devo dire, piuttosto indifferenti alle nostre vicende...

Dopo circa un'ora di cammino a ritmo tranquillo, eccoci in vista della nostra parete, la est della Rocca Castello, già invasa da una luce radiosa, splendida nel suo contrasto con un cielo blu cobalto da favola:

Dunque, quale via vogliamo salire, in questi oceani di quarzite verticale?
La linea che sogno di più è senz'altro la Balzola (V D+ 6L 260 m), ma la rispetto ancora di più... Il mio rispetto è parente stretto del timore: si tratta della via più diretta, elegante e vertiginosa di tutta la parete est; so che il grado di difficoltà non è al di fuori delle nostre capacità, ma qui è tutto verticale, atletico, in massima esposizione e con pochissime protezioni in loco.
L'alternativa più realistica è il vicino Spigolo Maria Grazia (V- D 8L 240 m), bellissima via, che però abbiamo già percorso due volte, al corso di alpinismo ed in occasione del mio incidente 4 anni or sono.
Studiamo l'attacco della prima, veramente tosto da subito... Una volta tanto però non sono io che trascino i compari, ma è Manu che si decide per primo ad attaccare la Balzola.
La fantastica linea diretta alla vetta:

Manu sotto alla fessura ed agli strapiombi della prima lunghezza:

OK, proviamoci, dopo tutto la principale linea di calata dalla Rocca passa proprio lungo questa via...
Prima di attaccare, faccio conoscenza con Lorenz, un simpatico arrampicatore con cui si discute di montagna sui forum di settore in rete: nell'occasione, non esita a darci alcune dritte riguardo alla via.
Il sole splende, fa caldo e partiamo in maglietta; visto che la via è piuttosto fisica, costellata da numerosi tratti in strapiombo, decidiamo di fare un solo zaino, che porterà il secondo di cordata.
Nel mio zaino infiliamo due magliette a manica lunga, due soft-shell, due bottigliette di acqua e Coca, martello e chiodi, due copie (la vecchia e la nuova, entrambe di ridotte dimensioni) della guida di arrampicata della zona; all'imbrago abbiamo nuts e friends, radioline, 14 rinvii, oltre la normale dotazione.
Stranamente in giro non c'è quasi nessuno, il meteo è perfetto, ma la zona segue strade diverse dall'arrampicata plaisir che va di moda oggi: poche protezioni, chiodi e pochissimi spit.
Visto che si sente in gran forma, Manu parte davanti nei primi tiri.
La prima lunghezza attacca bella decisa, lungo una fessura subito strapiombante, poi comunque sempre verticale (V), fin sotto un primo grande tetto:

Manu supera il tetto sulla destra, poi affronta un tratto con qualche passo di aderenza,

tornando poi a sinistra fino a raggiungere l'evidente nicchia a forma di U rovesciata, dove si trova la prima sosta:

OK, è il mio turno: è sempre emozionante staccarsi da terra, quando si attacca il primo tiro di una via importante.
Il passo iniziale è piuttosto ostico, specie se eseguito a freddo, poi salgo senza eccessivi problemi, salvo una bella "ghisata" alle braccia, tanto per comincuiare bene...
Quando arrivo in sosta, il vuoto mi accompagna sopra, sotto e dietro:

Manu riparte lungo la seconda lunghezza: prima su diritto fino sotto il pronunciato tetto, dove rinvia un chiodo allungato con cordino bianco, poi esce in completa spaccata sulla destra, salendo il più possibile con il piede sinistro (V+), quindi percorre una fessura che lo conduce alla seconda sosta, dopo poco più di 30 m:

Salgo a mia volta, divertendomi un sacco: la roccia è splendida, perfetta, non si muove nulla; la via è sempre sostenuta, non ci sono pause.
Terzo tiro: con due passi in dulfer, Manu risale una fessura verticale, protetta da un chiodo; dopo circa 10 m, piega a destra per traversare quasi in orizzontale.

Ben prima di quando indichi la relazione, secondo me, riprende a salire diritto, incontrando difficoltà per lo meno di V anziché di IV... Un chiodo lo attira sotto lo strapiombo e poi al di sopra, ma secondo me avremmo dovuto traversare ancora per andare a reperore una fessura più facile, lungo rocce biancastre...
Al di sopra dell'ostacolo, le difficoltà diminuiscono e conducono alla comoda sosta, dove arrivo con le braccia ben calde, diciamo così...
Quarto tiro: passo avanti io.
La relazione parla di salita di 2 m e poi traverso in diagonale a sinistra fino ad uno spigolo, poi facilmente fino al terrazzino in comune con lo Spigolo Maria Grazia, con difficoltà fino al IV-.
Da un po' di tempo siamo affiancati da due ragazzi francesi, che stanno salendo proprio la Maria Grazia; sono poco avanti a noi quando affrontiamo il tiro per metà in comune; dando loro fiducia, seguo il primo di cordata, sebbene noti che non sta a sinistra quanto pensassi, ma salga piuttosto diritto...
Lo seguo, ma ben presto mi rendo conto che le difficoltà sono ben diverse e che i suoi rinvii sono appesi ad un paio di friends e non a chiodi infissi lungo la via.
La parete diventa verticale, poi leggermente strapiombante: io a tratti esito, poi quando ormai sono in ballo sento le forze venir meno, in un tratto molto impegnativo e dopo aver rinviato un friend ormai molto più in basso...

Intanto Manu dalla sosta sottostante, convinto che mi trovi su un III+, mi chiede cosa stia combinando, mentre sto tirando una delle lunghezze più ingaggiose della mia carriera di crodaiolo... Scoprirò in seguito che si tratta di un bel tiro di 5c/6a molto fisico e completamente sprotetto!!!
Le forze vanno diminuendo, aspetto il volo (lungo e rovinoso) da un momento all'altro, quindi non mi resta che forzare il passaggio e provarci: salgo a destra lungo una fessura aperta e strapiombante, trovo minimi appigli ma purtroppo in uscita non c'è nulla da stringere... Attimi di terrore, poi riesco a strisciare verso l'alto tenendo un appiglio decisamente svaso e raggiungo il terrazzino di sosta, sfinito, direttamente dal basso anziché da sinistra...
Dopo avermi anche chiesto dal basso "come mai oggi non sono tranquillo", Manu sale a toccare con mano la bella rogna in cui ci siamo cacciati nel quarto d'ora più lungo che ricordi...
Siamo al terrazzino teatro del mio incidente di 4 anni fa, dove sono atterrato violentemente dopo un volo di 15 metri, non senza conseguenze, causa corda doppia incastrata in fase di discesa...
I ricordi si accavallano, con lo sguardo cerco e forse trovo la radice sporgente cui mi ero aggrappato istintivamente per evitare di uscire dalle corde e precipitare alla base della parete: fortunatamente non avevo perso conoscenza del tutto...
Comunque, ora siamo comodamente in sosta e pensiamo a proseguire!
Intanto, adesso capiamo chi abbiamo davanti: i due francesi continuano tranquillamente a salire diritti verso l'alto, infischiandosene di qualunque relazione tecnica e dei gradi di difficoltà, rinviando chiodi quando ne trovano, altrimenti posizionando friends.
Ora siamo alla base del grande diedro alla nostra destra, molto evidente anche dalla base della montagna.
Io prontamente attacco la faccia destra, come da relazione (IV-), ma... sarà l'istinto a salire in placca, tendo a stare decisamente a destra, senza usare il diedro per progredire.
A questo punto entra in scena l'amico Lorenz, che dalla cima della vicina Punta Figari (m 2.345) mi richiama all'ordine, dicendomi di stare vicino al diedro se non voglio finire sulla Variante Motti, che percorre il filo di spigolo con difficoltà di IV grado, ma senza protezioni...
Continuo a salire, in effetti vicino al diedro trovo un paio di chiodi ed addirittura uno spit, oltre il quale arrampico in placca sulla faccia sinistra del diedro, fino alla comoda sosta.
Manu comincia a raggiungermi, mentre Lorenz ci scatta questa bellissima foto:
La seconda parte del tiro, in placca:

Una sbirciata al prosieguo della via:

Intanto Manu mi raggiunge:

Foto in sosta:

Non possiamo fare a meno di commentare il mio incidente di quattro anni fa, proprio mentre risalivo una doppia incastrata in questo diedro...

Ma ora è tutto ok, è tempo di salire e scalare ancora: riparto lungo il diedro, a destra del terrazzino di sosta, stavolta seguendo fedelmente il fondo del diedro, quasi sempre in opposizione (IV).

Un movimento atletico mi permette di superare uno strapiombo sulla destra, quindi traverso nuovamente a sinistra e con facili passaggi raggiungo la sosta al di sotto del castello terminale.
Manu attacca il settimo ed ultimo tiro (III+), prima molto facilmente fino alla base dell'ultima parete, poi in verticale, ma con ottime prese e solidi appoggi:

Qualche passo atletico, ma ormai ci siamo:

Lo raggiungo rapidamente ed eccoci ancora una volta in vetta alla Rocca Castello!

Per me è addirittura la quarta volta: per la verità, la croce l'ho toccata "solamente" 3 volte, in quanto la prima volta avevamo fretta di scendere, al corso di alpinismo...

Compilo il libro di vetta, uno sguardo alla Torre Castello (m 2.448), poi, visto che in giro appare qualche nuvola un po' più grigia, decidiamo di scendere subito:

Stavolta le doppie filano via veloci e rapidissime: in poco più di un'ora siamo a terra:

Che splendida parete!

Manu posa orgoglioso davanti al primo tiro della via:

Sono super-soddisfatto: ci siamo divertiti e portiamo a casa la salita di una grande via, un mio sogno nel cassetto; credo sia la miglior scalata della stagione, per quanto ci riguarda:

La vicina Punta Figari:

Anch'io mi faccio immortalare per bene di fronte alla parete est, ormai in ombra:

Scendendo, non riesco a non fermarmi più e più volte ad ammirare la superba linea che abbiamo cavalcato:

Giunti agli ultimi prati, un ultimo sguardo alla Rocca Provenzale, che da qui copre la vista delle altre strutture "sorelle", poi tutti a casa!

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