Stabiliamo il nostro campo in quello che in estate è un unico, enorme campeggio, popolato di climber provenienti da mezzo mondo, e che adesso è praticamente tutto nostro!
Il campeggio è chiuso e in tutta la conca boschiva siamo quattro gatti, forse un altro paio di tende...
Dall'entrata della tenda, ecco la maestosa figura del Pelvoux (m 3.946): in realtà, si vede solo un contrafforte, la vera cima è nascosta ed è molto più in alto...
Dopo colazione, partiamo alla volta delle pareti della Tete de la Draye (m 2.100).
Facciamo due cordate, su due vie diverse, ma che corrono lungo speroni rocciosi praticamente paralleli e piuttosto vicini, sempre a tiro di voce:
Io e Paolino l'Alpino saliamo Ein, Zwei, Draye (6a max 5c ob D 500 m 18L)
Manu e Simo salgono Laissez Bronzer les Cadavres (6a+ max 5c ob TD 500 m 18L)
Il nome della prima via è un gioco di parole.
Il secondo è ben più macabro, ma nello stesso tempo umoristico: si riferisce al fatto che la parete, non essendo molto frequentata e piuttosto articolata, ha nascosto per ben 3 anni (dal 1993 al 1996) il corpo di una persona…e un’altra ne manca all’appello…
La parete con le vie:
Ma eccoci all'attacco della via:
Ed ecco i nostri compari sull'altra via, non distante e con alle spalle l'irresistibile sfondo del Pelvoux:
I nostri primi tiri: questo è il secondo tiro, un tranquillo 4c, dopo un tiro iniziale gradato 5a, ma che ci ha impegnati più del dovuto...
Va sottolineato che, essendo ad inizio stagione, molte prese e tacchette sono sporche ed intasate, soprattutto di aghi di pino, e la fiducia nella tenuta del piede ne risulta inficiata; la cosa riveste una certa importanza, su una via in cui l'aderenza è fondamentale.
Il terzo tiro presenta un tratto di 5c, il muro scuro che si vede sullo sfondo, con un passo molto atletico, risolto da Paolino con qualche imprecazione:
La quarta lunghezza tocca a me, poiché procediamo a comando alternato, come sempre.
Dopo un tratto iniziale in traverso verso destra, affronto una placca liscia (5c), splendida, di granito scuro.
Seguono tre lunghezze più facili (4c, 4c e 3), che percorriamo rapidamente; poi le due vie presentano un tratto di trasferimento e ci riuniamo tutti e quattro.
Ritroviamo l'attacco del proseguio delle vie; noi abbiamo un tiro facile (3b), che decidiamo di salire in free-solo, in libera totale.
Il nono tiro presenta il tratto di 6a, ma Paolino ricorre a tutte le sue doti di aderenza e passa!
Intanto, i nostri compari procedono lungo la via parallela alla nostra:
Sulla decima lunghezza conduco io: il tiro è lunghissimo e piuttosto impegnativo (5c).
Dopo un brevissimo trasferimento, ecco questo muro da superare (5b):
La dodicesima lunghezza vede diminuire la difficoltà (4b): salgo rilassatissimo, anche se le fatiche della scalata dell'Oronaye del giorno precedente si fanno sentire, e scatto foto a Manu che sale la cresta alla mia sinistra, con la conca di Ailefroide sullo sfondo; sembra la copertina della guida di Cambon:
Paulin sale rapidamente L13 (3b) e ci ritroviamo in cima al pilastro; sotto di noi, Manu e Simo sono ancora impegnati in un paio di tiri.
Altro breve trasferimento, giungiamo in una sorta di giardino pensile nascosto, bellissimo, da cui si stacca una paretina verticale (L14, 3b), che salgo rapidamente.
Ci ritroviamo tutti e quattro e decidiamo di interrompere (mancherebbero ancora 4 tiri, da raccordare con un trasferimento in discesa) prima della vetta vera e propria: siamo stanchi, sono già le 16,30 e Simo deve partire. Eccomi con alle spalle il Pelvoux (m 3.946):
Dominiamo dall'alto la conca di Ailefroide:
Cerchiamo la via di fuga dalla via che ci dovrebbe raccordare al sentiero della Tete de la Draye; sulla destra della foto, il Glacier Blanc, da noi percorso durante la salita al Dome de Neige (m 4.015):
Durante la discesa, che richiede circa 1 ora, c'è il tempo per una foto artistica:
Giunti al campo, Simo ha già smontato la tenda di Paolino ed ha già messo l'acqua sul fornellino; loro due si preparano a partire e ci salutano.
Io e Manu, i due irriducibili disperati, rimaniamo.
Ci buttiamo sui materassini per un'oretta di meritato svacco, poi montiamo in macchina, scendiamo al paese di Pelvoux e diamo l'assalto al Ristorante-Creperia Le Glacier Blanc!
Ci spariamo due ottime galettes bretoni al prosciutto e formaggio, poi ordianiamo due tranci di maiale con spezie, miele e patatine: grandioso!
Due belle coche a testa e un caffè; torniamo al campo e crolliamo nel sacco a pelo, stanchissimi.
Il mattino dopo, lunedì, il cielo non è più limpido come i giorni scorsi; per questo, decidiamo di smontare subito il campo e buttare tutto in macchina, per evitare di farlo sotto la pioggia.
Abbiamo di nuovo fame: scendiamo di nuovo in paese alla creperie, ci facciamo due galettes salate e una coca a testa, anche in attesa di capire le intenzioni del meteo...
Sembra tenere: bene, si torna su.
Andiamo alla falesia della Draye, c'è un gruppetto di ragazzi bolognesi, simpatici.
Sul settore sinistro della parete, saliamo La Dulfer (5b), benché la roccia sia un po' umida.
La via è molto bella, ovviamente si sale per buona parte in dulfer, in opposizione:
Pochi metri a destra, sale una via chiodata a fittoni, La Dalle a Robin (6a).
Manu la prova: tribola di brutto, ma infine riesce a salire, commentando che si tratta del 6a più duro che abbia fatto.
Minaccia di nuovo pioggia, ma con la corda posizionata la provo anch'io.
Salgo bestemmiando, in estrema aderenza, nonostante l'umidità, ma quando sono poco oltre la metà ecco che comincia a piovere seriamente... I miei alluci doloranti ormai non sopportano più le scarpette da arrampicata, dopo ben 3 giorni, e ringraziano!
Mi calo e sgommiamo.
Siamo rimasti solo in due, ma abbiamo una quantità di roba impressionante!
Passiamo a Briançon, con sosta d'ordinanza da McDonald's e visita al noto negozio di attrezzatura alpinistica: incredibilmente, acquistiamo pochissimo e partiamo alla volta di casa, attraverso il Monginevro.