Io e Paul
Da tempo avevo messo gli occhi su questa via di Gian Piero Motti.
Una volta anni fa mi ero anche avvicinato per salirla, poi avevamo desistito subito, non eravamo ancora pronti.
Stavolta, complice anche un progetto non propriamente alpinistico in cui sarò coinvolto, decido che è il momento: all'appello risponde presente Paul, convinto.
Bene.
Ci accordiamo per le 6,00 a Roreto di Cherasco, poi via verso l'amata Val Maira e verso l'incredibile gruppo roccioso che la chiude, il Castello-Provenzale.
Le previsioni sono buone, lasciano spazio a qualche nuvola nel pomeriggio, ma noi dovremmo comunque sbrigarcela prima.
Altri amici verranno a scalare la vicina Danza Provenzale, ma partiranno più tardi.
Noi posteggiamo al parcheggio basso verso le 8,00; la temperatura è di soli 5°C, mentre sgranocchiamo qualcosa e ci prepariamo.
Il cielo è sereno, ci mettiamo in cammino e dopo una mezz'oretta siamo al cospetto della porzione di parete est della Rocca Provenzale (m 2.402) caratterizzata dall'evidente fessura della via Motti (V D+ 7L 370 m):
Forse siamo addirittura un po' in anticipo, visto che il sole non riscalda ancora la quarzite della parete...
Intanto cominciamo a studiare visivamente il primo tiro della via:
Fortunatamente non c'è assolutamente vento, per cui non fa troppo freddo.
Così, dopo un po' decidiamo di attaccare; Paul mi invita ad aprire le danze, così ci leghiamo ed affronto le placche della prima lunghezza (IV):
La sosta, mentre proprio in questo istante il tanto atteso sole ci riscalda le ossa:
Dopo una trentina di metri, affronta una strozzatura della fessura ed un breve tratto leggermente strapiombante, ma ben appigliato e ben protetto da un chiodo, elevandosi al di sopra dell'ostacolo e sostando poco oltre, a destra:
Il sesto tiro (V) è ancora bellissimo e logico: Paul si innalza lungo la fessura, che qui forma un grande diedro, scalabile in dulfer ed in opposizione:
Avanti, Paul sale a sua volta la nona lunghezza (III+), fino al torrione visibile in cima, sfruttando ancora tutti i 60 m disponibili di corda:
Raggiungiamo così una cengia molto alta, da dove scorgiamo gli amici Renato; Federico e Silvio quasi all'uscita di Danza Provenzale, decisamente più in basso.
Noi proseguiamo, ci sleghiamo ma decidiamo di tenere le scarpette e continuare ad arrampicare in leggera diagonale verso destra, per uscire direttamente alla croce di vetta, come in effetti facciamo.
Ora qualche nuvola grigia fa capolino, ma ormai ci siamo: ecco il fantastico scorcio che mi aspetta in vetta, con vista sulla vertiginosa parete sud della Torre Castello, da cui mi separa l'aerea ed affilata cresta della Punta Figari:
Alle mie spalle ecco che anche Paul percorre gli ultimi metri prima della croce di vetta:
Scendendo incontriamo gli amici che salgono, li incoraggio ad affrettarsi in quanto il tempo è alquanto minaccioso.
In effetti poco dopo inizia a gocciolare, ma fortunatamente non pioverà seriamente e riusciamo a scendere in sicurezza.
Il tracciato della via (in rosso), con la nostra variante diretta finale in giallo:
Una volta anni fa mi ero anche avvicinato per salirla, poi avevamo desistito subito, non eravamo ancora pronti.
Stavolta, complice anche un progetto non propriamente alpinistico in cui sarò coinvolto, decido che è il momento: all'appello risponde presente Paul, convinto.
Bene.
Ci accordiamo per le 6,00 a Roreto di Cherasco, poi via verso l'amata Val Maira e verso l'incredibile gruppo roccioso che la chiude, il Castello-Provenzale.
Le previsioni sono buone, lasciano spazio a qualche nuvola nel pomeriggio, ma noi dovremmo comunque sbrigarcela prima.
Altri amici verranno a scalare la vicina Danza Provenzale, ma partiranno più tardi.
Noi posteggiamo al parcheggio basso verso le 8,00; la temperatura è di soli 5°C, mentre sgranocchiamo qualcosa e ci prepariamo.
Il cielo è sereno, ci mettiamo in cammino e dopo una mezz'oretta siamo al cospetto della porzione di parete est della Rocca Provenzale (m 2.402) caratterizzata dall'evidente fessura della via Motti (V D+ 7L 370 m):
Forse siamo addirittura un po' in anticipo, visto che il sole non riscalda ancora la quarzite della parete...
Intanto cominciamo a studiare visivamente il primo tiro della via:
Fortunatamente non c'è assolutamente vento, per cui non fa troppo freddo.
Così, dopo un po' decidiamo di attaccare; Paul mi invita ad aprire le danze, così ci leghiamo ed affronto le placche della prima lunghezza (IV):
Trovo un chiodo sotto le lame rosse in alto, che so già mi darà filo da torcere come tiraggio corde: il meglio che posso fare è rinviare una sola corda ed allungare il rinvio...
Traverso poi a sinistra, per andare a prendere il sistema di lame e fessure che salgono in direzione della pianta secca visibile dal basso, quindi inizio un lungo traverso a destra, quasi orizzontale, delicato ed esposto, ma non difficile, rinviando un paio di chiodi:
Raggiungo così l'aerea sosta, al di sotto di altre lame rosse, costituita da uno spit ed un cordone avvolto ad una pianticella:
Il recupero delle corde, così come già il traverso a destra, è drammaticamente faticoso, a causa dell'inevitabile tiraggio di corde dovuto al doppio cambio di angolo acuto...
Paul inizia l'avventura a sua volta, salendo il tiro e raggiungendomi dopo il traverso:
Fin qui siamo ancora in ombra, nel senso che il sole non è ancora arrivato a colpire la roccia, scaldandola. Fortunatamente, però, non c'è un filo di vento, per cui si scala abbastanza bene.La sosta, mentre proprio in questo istante il tanto atteso sole ci riscalda le ossa:
La seconda lunghezza (IV+) vede la nostra cordata procedere a comando alternato: tocca quindi a Paul innalzarsi lungo le rossicce prese rovesce in diagonale a sinistra
Dopo un traversino a sinistra in placca che richiede attenzione, attacca il diedrino grigio che lo porta sulle placche al di sopra del muro, da cui si porta a destra con passi delicati, sostando su un solo spit con anello al di sopra della spaccatura visibile in foto:
Lo raggiungo e da qui in avanti terremo sostanzialmente sempre la pronunciata fessura che caratterizza la via.
Il terzo tiro (III) è più semplice: salgo diretto lungo la fessura, senza difficoltà, scalando nella seconda parte del tiro le placche sul lato destro, fino ad una comoda sosta:
Recupero il socio:
La sosta, decisamente trad:
Paul in arrivo:
La quarta lunghezza (V) è splendida: Paul continua a seguire fedelmente la fessura Motti, con bei movimenti in dulfer ed in opposizione:
Dopo una trentina di metri, affronta una strozzatura della fessura ed un breve tratto leggermente strapiombante, ma ben appigliato e ben protetto da un chiodo, elevandosi al di sopra dell'ostacolo e sostando poco oltre, a destra:
Poco dopo è il mio turno, con grande divertimento:
La quinta lunghezza (V) è la più bella, secondo me: traverso decisamente a destra per una decina di metri, con un paio di passi delicati:
Non ci si può sbagliare: presto scorgo un chiodo circa 3 m più in alto, per cui inizio a salire con decisione la parete leggermente strapiombante, con buone prese e roccia magnifica!
Salgo in diagonale verso sinistra, incontrando due o tre buoni chiodi, poi esco a sinistra, tornando nella fessura-camino, da cui una placca breve mi fa guadagnare la sosta su due chiodi, dove poi mi raggiunge Paul:
La sosta:Il sesto tiro (V) è ancora bellissimo e logico: Paul si innalza lungo la fessura, che qui forma un grande diedro, scalabile in dulfer ed in opposizione:
la relazione parla di sosta su due chiodi a destra in alto, ma Paul si ritrova un po' più in alto, dove non è tanto semplice tornare indietro, quando si accorge che la sosta era più in basso...
Allora continua a salire, ma ben presto capiremo che ha tirato dritto, sempre lungo la fessura, fino al suo termine, incontrando difficoltà decisamente superiori al previsto IV grado della settima lunghezza...
Quando la corda finisce, fa sosta e mi fa salire fino in cima al grande diedro, poi lo assicuro nuovamente e lui prosegue fino ad uscire dalla via vera e propria, dove le difficoltà diminuiscono.
Salgo poi a mia volta il tiro, che concordiamo avere una difficoltà almeno di 6a, con un solo chiodo poco dopo l'inizio.
Quando ci ritroviamo in sosta, commentiamo la lunghezza, godendoci un sole fantastico.
Proseguiamo, senza percorso obbligato: vado avanti tirando dritto, senza rinviare per la verità, per tutta la lunghezza delle corde, poi trovo un'ottima clessidra su cui sostare:
Paul mi raggiunge:Avanti, Paul sale a sua volta la nona lunghezza (III+), fino al torrione visibile in cima, sfruttando ancora tutti i 60 m disponibili di corda:
Raggiungiamo così una cengia molto alta, da dove scorgiamo gli amici Renato; Federico e Silvio quasi all'uscita di Danza Provenzale, decisamente più in basso.
Noi proseguiamo, ci sleghiamo ma decidiamo di tenere le scarpette e continuare ad arrampicare in leggera diagonale verso destra, per uscire direttamente alla croce di vetta, come in effetti facciamo.
Ora qualche nuvola grigia fa capolino, ma ormai ci siamo: ecco il fantastico scorcio che mi aspetta in vetta, con vista sulla vertiginosa parete sud della Torre Castello, da cui mi separa l'aerea ed affilata cresta della Punta Figari:
Alle mie spalle ecco che anche Paul percorre gli ultimi metri prima della croce di vetta:
Ci siamo, per lui è la prima volta quassù:
Spettacolo incredibile, mi esalto descrivendo all'amico il percorso dello Spigolo Castiglioni, che percorre il filo sud-est della torre per uscire in centro alla parete sud nelle ultime due lunghezze:
Le nuvole si fanno più scure, meglio scendere, data la rinomata pericolosità della Via Normale in discesa, con roccia bagnata...Scendendo incontriamo gli amici che salgono, li incoraggio ad affrettarsi in quanto il tempo è alquanto minaccioso.
In effetti poco dopo inizia a gocciolare, ma fortunatamente non pioverà seriamente e riusciamo a scendere in sicurezza.
Il tracciato della via (in rosso), con la nostra variante diretta finale in giallo:
Una via bellissima, elegante e logica, che merita di continuare ad essere ripetuta.