giovedì 6 agosto 2020

CERVINO (m 4.478): Cresta del Leone

Mercoledì e Giovedì 5-6 agosto 2020
Io e Lollo

Un sogno che si avvera, l'ennesimo per la verità, ma questa tra quelli ai primissimi posti in graduatoria, da sempre...
Cervino, sua maestà, basta nominarlo...
L'idea naturalmente frulla in testa da tempo, ma la realizzazione si concretizza quasi improvvisamente... con Lollo salta fuori l'idea, l'opportunità (ferie) e il meteo che sembra promettere bene: chiamiamo l'ufficio guide del Cervino e troviamo gli ultimi due posti disponibili alla Capanna Carrel.
Dai, si fa!
In extremis, vado a comprare un piumino nuovo e un nuovo sacco lenzuolo, poi iniziamo i preparativi.
Ci sono voluti 12 anni dalla mia prima scalata al Cervino (m 4.478), lungo la Cresta dell'Hornli, lato svizzero, prima che mi tornasse la voglia di appampicarmi nuovamente lungo le pendici del "più nobile scoglio d'Europa", come viene definito ormai da oltre un secolo.
Oggi è la volta della fantastica Cresta del Leone (III+   D-   1.300 + 650 m), la via di salita italiana.
Il martedì Lollo rimugina sulla salita che sogna da tutta la vita, sentendosi anche un po' schiacciato dal mito e dal fascino che accompagna la vetta del Cervino... Alla fine si convince di avere le carte in regola per provarci e siamo pronti.
Il mercoledì mattina passo a prenderlo alle 6,45, carichiamo l'auto e via verso Cervinia; il meteo è splendido ed è prevista alta pressione per i successivi due giorni; l'unico problema, non di poco conto, sono le condizioni della parete, dopo il maltempo accompagnato da brusco abbassamento delle temperature da domenica a tutto martedì... come ho potuto vedere dalla webcam, il Cervino è imbiancato... fino a bassa quota... Speriamo bene.
Parcheggio al piazzale funivie poco dopo le 9,00 e di fronte a noi ecco la nostra montagna:
Ci prepariamo: infilo le lenti a contatto, i pantaloni da alpinismo, crema solare e gli zaini con l'attrezzatura: una corda da 60 m, alcuni friend, rinvii, imbraghi, fettucce, casco, scarponi, piccozza, ramponi, cibo e molta acqua (circa 4 litri), oltre a sacchi lenzuolo e all'abbigliamento pesante.
Il piano prevede di salire il primo troncone della funivia, fino a Plan Maison (m 2.550); in biglietteria ricevo un'ultima importante telefonata di lavoro, con cui mi impegno per una prestazione per venerdì mattina presto... sperando di ritornare in tempo (ricordo che 12 anni fa io e mio fratello eravamo scesi tardi dall'Hornli e avevamo dovuto pernottare una seconda volta in rifugio, tornando a casa il giorno successivo, il terzo)...
Alle 10,15 siamo in cammino da Plan Maison e ci dirigiamo verso il Rifugio Duca degli Abruzzi all'Oriondé (m 2.802), notando subito che non esiste nessuna cartellonistica né sentiero segnalato... Ora, noi ce la facciamo ugualmente, ma mi metto nei panni di un giapponese che arrivi qui dall'altra èarte del mondo...
In poco più di un'ora siamo al rifugio, piegato sotto zaini enormi e senza voler strafare per risparmiare energie per domani.
Oltre il rifugio, raggiungiamo la famosa Croce Carrel, posta nel punto dove la grande guida di Valtournanche, apritore della via lungo la Cresta del Leone, morì di sfinimento dopo aver salvato i clienti in occasione di una discesa avventurosa sotto il maltempo:
Saliamo poi un canalino in parte attrezzato, per uscire lungo uno sperone di facile arrampicata alternata a camminata, fino a uscire al nevaio che contorna la base della Testa del Leone (m 3.715); a destra incombe su di noi la parete del Cervino, purtroppo ancora decisamente innevata:
Incontriamo un gruppetto di tre ragazzi tedeschi, fermi per una sosta; siamo al nevaio a 40°, che superiamo dopo aver calzato i ramponi e con l'ausilio della piccozza (visto che ce l'abbiamo...):
 
Usciamo su una crestina da cui si origina uno sperone roccioso, che percorriamo verso l'alto con fatica, fa caldo e siamo stra-carichi...
Superiamo un couloir in traverso a destra e da qui percorriamo una lunga cengia in traverso sotto la testa del Leone, fino a sbucare al Colle del Leone (m 3.581):
Da qui abbiamo davanti agli occhi tutta la Cresta del Leone e si vede benissimo la nostra meta odierna, la Capanna Carrel (m 3.830), alla base della Grande Tour:
Superiamo un tratto camminabile, dopo alcuni passi di arrampicata appena al di sopra del Colle del Leone, per raggiungere le Placche Seiler, divertenti, e subito dopo la prima corda fissa, cui segue un secondo canapone.
Sopra di noi, all'altezza del celebre passaggio della Cheminée, purtroppo si verifica un incidente: una ragazza italiana vola quasi dalla cima della Cheminée e viene elitrasportata in codizioni critiche:
Noi assistiamo alle operazioni di recupero, poi proeguiamo e arriviamo a nostra volta al passaggio teatro della disgrazia.
Ci sono due ragazzi tedeschi impegnati nel passaggio, ma vediamo subito che appaiono un po' impacciati e insicuri... può essere che semplicemente fossero già lì poco fa e siano scossi dall'aver visto la dinamica dell'incidente...
Il ragazzo che sale da primo piazza ben due nut nei primi 2 metri.... poi inizia a salire, ma dopo 3 o 4 metri il compagno non gli da corda e lui deve ridiscendere per aiutarlo a sistemare la corda...
A questo punto ci lasciano passare; ci leghiamo e vado avanti io; oltre al canapone, da quest'anno si trovano anche un paio di pioli in ferro infissi nella roccia. Salgo assicurato da Lollo, rinviandouno spit e poi i due pioli, facendo sosta al di sopra; poco dopo recupero l'amico:
Il tratto siccessivo è ancora attrezzato con canaponi, lo saliamo legati in conserva, sempre io davanti:
Usciamo poi lungo una rampa a sinistra, che ci conduce in vista della Capanna Carrel (m 3.3830), sospesa a sbalzo su una terrazza metallica, al di sotto della Grande Tour:
Sono le 16,15 quando siamo alla capanna.
L'idea iniziale era di operare un'avanscoperta lungo la prima parte della via, che percorreremo al buio questa notte, ma già da alcuni minuti abbiamo capito che non abbiamo alcuna voglia di farlo... Ci sistemiamo, prendiamo posto in capanna e ci riposeremo un po'.
Dalla terrazza vediamo scendere alcuni alpinisti lungo uno dei passaggi più caratteristici della cresta, la cosiddetta Corda della Sveglia:
Consumiamo la nostra cena verso le 19, mentre il sole inonda la terrazza da ovest. Io mangio una scatoletta di insalata di tonno e legumi, pane e affettati, cubetti di parmigiano. Siamo gli unici italiani in capanna.
Alle 21 siamo in branda, pieni di pensieri su quanto ci aspetta il giorno successivo.
La sveglia è puntata alle 3,30 ma 10 minuti prima siamo svegli, destati dal movimento di altre cordate che iniziano i preparativi.
Preparativi, lenti a contatto, colazione fredda a base di parmigiano e cioccolato, vestizione totale, piumino compreso, imbrago, casco, frontale, prendo tutto il materiale visto che andrò davanti, poi usciamo, ci leghiamo a 15 m e via alla Corda della Sveglia. Sono passate da poco le 4,00, c'è vento freddo e una stellata pazzesca.
La corda attacca verticale e dopo una quindicina di metrila parete è sbarrata da un tetto orizzontale, che costringe a buttarsi in fuori decisi e contemporaneamente a un passo a destra, il tutto contando solo sulle braccia che stringono la catena (gelida), mentre i piedi annaspano alla ricerca di un appoggio sulle rocce ricoperte da uno spesso strato di ghiaccio...
Insomma, capiamo subito che non sarà una giornata facile!
Superiamo il passaggio, poi altre corde fisse vanno prima a destra, poi tornano a sinistra, alla base della Grande Tour. Salgo un muretto, poi piego a destra per entrare nel Vallon des Glaçons, muovendomi su terreno delicato, innevato e ghiacciato; poi traversiamo a destra sotto la Crete du Coq, con un passo particolarmente delicato in spaccata a destra; procediamo in conserva protetta.
Passato un punto in cui salgo un diedro-fessura tutt'altro che banale (in discesa, alla luce del giorno, passeremo ad alcuni metri di distanza da lì...), superiamo le Placche Crétier, poi il Mauvais Pas a destra.
Il Linceul è innevato ma è completamente attrezzato con cavo metallico, cui attacchiamo il moschettone della longe, tipo ferrata.
Al termine, saliamo una zona di facili risalti, che ci conducono alla Grande Corde, corde che in realtà... è una catena.
Qui facciamo una brevissima pausa per bere qualcosa (con me ho due mezze bottiglie di Coca) e tirare il fiato, mettendo via le pile frontali, finalmente alla luce del giorno.
Incontriamo una guida ligure con un cliente lombardo, che salgono prima di noi. Poi è il mio turno, salgo la catena, lunga una trentina di metri, abbastanza verticale, filmando i primi minuti con la mia GoPro sul casco.
Ora superiamo una cresta, per poi iniziare a salire la parte peggiore della via, perlomeno nelle condizioni odierne... la lunga parete del Pic Tyndall, salendo pochi metri in parete nord, al di sotto del filo di cresta, dove il terreno è davvero infido: rocce rotte con giacitura verso il basso immerse in una matrice di neve e ghiaccio... Non indossiamo i ramponi, proseguiamo nel dubbio se sia meglio metterli oppure no: nelle sezioni in roccia danno molto fastidio, ma ovviamente in quelle ghiacciate offrirebbero maggiori garanzie.
Purtroppo le possibilità di proteggersi in questa sezione sono molto molto scarse... e le protezioni presenti in loco veramente poche, 2 o 3 in oltre 200 m...
Qui più che mai l'imperativo è non cadere.
Un passaggio dopo l'altro, saliamo, sferzati da un vento forte da nord-est che ci spara in faccia (e in qualsiasi spiffero) milioni di aghi ghiacciati... La giornata è radiosa, come da previsioni.
Sono circa le 7,15 quando sbuco in cima al Pic Tyndall (m 4.241), piacevolmente investito dai raggi del sole. Qui superiamo una cordata tedesca che fa una sosta al sole, stanchi e mezzi congelati.
La sezione seguente è sorprendentemente lunga: la Cresta Tyndall è praticamente una via a se stante, una cresta affilata con alternanza di salite e discese, due delle quali in doppia; insomma, una via di oltre 300 m messa lì, a 200 m di quota dalla vetta del Cervino...
Come sempre si vede di tutto: gente che abbranca le corde fisse e vi si issa senza assicurazione, così come calate in doppia a braccia, senza discensore o nodo bloccante. Ognuno faccia come preferisce: noi invece facciamo le cose in sicurezza, o perlomeno abbastanza in sicurezza, quando possibile, non ci interessa battere i record di velocità. Specie dopo aver visro portare via la ragazza di ieri in brutte condizioni, alla Cheminée...
La cresta termina con il famoso passo dell'Enjambée, una spaccata per superare il vuoto e raggiungere la parete opposta, passo agevolato da una breve corda fissa.
Una serie di risalti e passaggi in cresta conducono al Col Félicité, alla base della Testa del Cervino, da cui possiamo già studiare le ultime corde fisse e soprattutto la celeberrima Scala Jordan, appesa ad uno strapiombo lassù:
Verso le 10,30, superate le faticose corde fisse sottostanti, faccio sosta, recupero Lollo con il solito mezzo barcaiolo per essere rapidi, poi impegno la Scala Jordan, con molta emozione:
La scala è effettivamente strapiombante, ma con l'appoggio per i piedi no ci si può lamentare... salgo filmando con la mia GoPro e con il solito costante accompagnamento del viavai dell'elisoccorso...
Faccio sicura all'amico al di sopra, poi proseguiamo lungo le corde fisse che seguono, portandoci in cresta, molto bella, aerea e divertente, fino a sbucare finalmente sulla cima italiana del Cervino!
Sono le 11,00 quando raggiungo la croce di vetta (croce che non avevo toccato la volta scorsa, quando ero salito sulla cima svizzera), le 11 di una giornata splendida e radiosa:
Sono solo in vetta, mando un saluto ai miei bambini nel filmato che sto girando.
Alla base della croce trovo uno spit, mi assicuro e recupero l'amico, che quasi incredulo percorre la crestina di vetta del Cervino, nome che continua a ripetere ad alta voce, quasi a convincersi di essere davvero sulla vetta sognata da tutta la vita:
Una serie di foto, ovviamente, ma l'idea è di fermarci poco, molto poco, sapendo che ci aspetta una discesa lunga e impegnativa:
La croce e la vicina cima svizzera, deserta anch'essa:
Alle 11,07 iniziamo a scendere.
Ripercorriamo la crestina fino alla cima italiana, poi iniziamo una serie di 4 o 5 calate in doppia fino al Col Félicité:

Incrociamo ancora diverse cordate che salgono.

Da qui dobbiamo disarrampicare con attenzione fino alla depressione dell'Enjambée; alcuni spit aiutano a fare sicurezza e a procedere in conserva in parte protetta; questo passaggio è più agevole tornando indietro, cioè in salita; poi percorriamo la lunga cresta Tyndall, dove anche la risalita del salto che avevamo sceso in doppia risulta abbastanza agevole. In cima incrociamo due francesi che ancora salgono (non li invidiamo per nulla) e decidiamo di cambiare assetto, calzando i ramponi.

Ci siamo, inizia il tratto più delicato, la discesa dal Tyndall: per la verità le cose vanno un po' meglio del previsto, grazie al fatto che in discesa ci teniamo un po' più vicini al filo di cresta, dove il sole ha già sciolto ghiaccio e un po' di neve; pian piano, con grande attenzione, scendiamo, fino a quando reperiamo gli ancoraggi per effettuare 3 o 4 calate in doppia.

Finalmente ritroviamo un po' di calate, fino a quella ovvia lungo la Grande Corde, sotto la quale abbiamo un piccolo scambio di idee con la solita guida locale che si sente padrona assoluta della montagna e del mondo, mentre scende maltrattando sia il cliente che chiunque si trovi davanti... Certo che questi clienti non li capirò mai... pagare 1.200 € un tizio come quello, per farsi insultare due giorni... de gustibus (non sono certo tutte così le guide, anzi, ma purtroppo qualcuna di quella cilindrata si incontra quasi sempre). Intanto abbiamo tolto i ramponi, che mettiamo via definitivamente.

Raggiungiamo il Linceul, ci assicuriamo al cavo di acciaio e scendiamo (per la verità, a tratti saliamo, qui il percorso è così...); sono le 17 ed è ora di avvertire casa che tutto è ok. Poi proseguiamo, stanchi ma determinati e soprattutto sempre concentrati, come siamo da ormai 13 ore...

Un'altra calata in doppia ci deposita alla base di un camino, poi arriviamo in cresta e dobbiamo scendere un diedro dove inspiegabilmente non c'è una doppia attrezzata... abbiamo anche dubbi su dove passare, tento prima in alto in cresta, poi in basso, alla fine risalgo e ha ragione Lollo, devo percorrere una cengia esposta che mi conduce al Mauvais Pas, dove rinvio un fittone prima e dopo il passaggio.

Troviamo poi altre calate in doppia, con cui arriviamo praticamente alla Corda della Sveglia e finalmente alla Capanna Carrel, quando sono ormai le 18,45...

Per motivi di lavoro sia io che Lollo dobbiamo tornare: ok, rimaniamo operativi, pochi minuti per recuperare qualcosa lasciato in capanna stanotte e per sgranocchiare un cubetto di parmigiano. Calcoliamo di riuscire a percorrere i tratti più critici ancora con la luce, per finire poi al buio fino a Cervinia.

Poco dopo le 19 ripartiamo, seguiti a ruota da 2 francesi di Briançon.

Scendiamo sotto la capanna per pochi minuti, poi iniziano le corde fisse e per noi le calate in doppie: ne facciamo almeno 4, tra cui la Cheminée, poi una quinta lungo le placche poco sotto, prima di percorrere le cenge che conducono al Colle del Leone.

Lo raggiungiamo, poi proseguiamo reperendo subito la cengia a mezza costa che ci porta allo sperone roccioso da scendere verso sud; poco dopo scendiamo il nevaio, senza ramponi ma con la picca in mano:

Continuiamo a voltarci verso la grande montagna appena scalata, di cui ormai riconosciamo bene ogni singolo passaggio anche da lontano:
Poi giù a cannone lungo le balze rocciose che ci porteranno alla Croce Carrel quando ormai è buio; arriviamo al Rifugio Duca degli Abruzzi all'Oriondé alle 22,15, dopo aver faticato un po' a trovare il sentiero, per nulla segnalato... i due francesi mi seguono finché trovo al strada giusta: questo frangente mi ha ricordato distintamente le ultime fasi della discesa dal Cervino di 12 anni fa, lungo la Cresta dell'Hornli, quando avevo una ventina di persone che mi seguivano per trovare la via di discesa... nonostante fossi lì per la prima volta anche io...
I due francesi si fermano al rifugio a pernottare.
Lollo, rimaniamo solo io e te: finalmente su comoda strada, imbocchiamo la via verso Cervinia, verso il parcheggio, dove arriveremo esattamente alle 23,50...
Sistemiamo tutto in auto, mi godo la meritata Monster e via al volante verso casa, dove arriverò alle 2,50.
Doccia e a nanna alle 3,20.
Sveglia impietosa alle 7, si parte per lavoro.
Che abbia ragione il nostro amico Renna quando dice: "Le mia nurmal... voi siete malati!".
Alle prossime avventure!

Il video della salita:

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