Io e Simone
Esattamente un anno dopo, il 17 maggio ritorniamo alla Cima di Valcuca (m 2.605), stavolta per scalare lo Sperone Sud (V D 7L 200 m).
Giorno di ferie, sveglia impietosa alle 4,10 e ritrovo con Simone alle 4,30.
Sale in macchina e dirigo il mezzo alla volta delle Terme di Valdieri e poi al Gias delle Mosche (m 1.592).
Ci prepariamo, mentre scolo una redbull alle 6,00 del mattino, per darmi un po' di carica.
La temperatura è fresca (7°C) e le previsioni per oggi sono buone.
Alle 6,25 siamo in cammino, con una mezza corda da 60 m a testa; decidiamo di non portare martello e chiodi, mentre per sicurezza portiamo un antipioggia e io un paio di micro-ramponi, per i tratti in neve.
Saliamo gli infiniti tornanti del sentiero, atraversiamo un oaio di residui valanghivi su neve compatta, con la dovuta attenzione, poi il sentiero fa un lungo traverso a sinistra, portandosi al di sopra del Pian della Casa, dove iniziamo a trovare un po' di neve.
Continuiamo a salire e raggiungiamo, ormai su neve continua, il Lago Sottano di Fremamorta (m 2.354), ancora ghiacciato:
Qui avvistiamo quello che sembra a tutti gli effetti un lupo, che risale un pendio in neve:
Volgiamo a destra e ci dirigiamo verso il Colletto del Valasco (m 2.429), oltre il quale scendiamo verso la Val Morta:
Nel traverso a mezzacosta su neve dura e compatta, indosso i micro-ramponi.
Poco dopo ci portiamo verso la discesa alla base degli Speroni della Cima di Valcuca; alle mie spalle, la Testa Nord di Bresses (m 2.830):
Scendiamo su neve a tratti sfondosa già a quest'ora... speriamo bene per il ritorno:
Ecco di fronte a noi gli speroni meridionali della Cima di Valcuca (m 2.605), perfettamente puliti ed asciutti:
La roccia sembra proprio quella magnifica che abbiamo accarezzato un anno fa; in realtà la troveremo più rotta e un po' più malsicura, non salda come sullo sperone alla nostra sinistra.
Parto io, salgo il diedro-fessura iniziale, subito verticale:
Ben presto sono sul passo chiave, un traverso a sinistra per passare dal diedro iniziale a quello di sinistra, bypassando un tetto; il passaggio è ben protetto da un buon chiodo:
Poco dopo un tratto verticale caratterizzato da buone lame da tirare, trovo una nicchia ed un accenno di terrazzino, e soprattutto la sosta su due chiodi, che integro con una fettuccia su spuntone.
Simo, tocca a te, si torna su roccia!
La sosta:
Simone sul passo chiave:
Procediamo alternati e Simo va avanti nelle placche della seconda lunghezza (IV), prima senza difficoltà, poi seguendo un diedro a destra che si fa via via più verticale, fino a trovare un chiodo, in corrispondenza del quale occorre salire e ribaltarsi al di sopra del muretto a destra, guadagnando lo spigolo, che si segue fino alla sosta:
Seguo rapido:
Il terzo tiro è quello in cui... terminano già le certezze!
Riconosciamo il diedro a destra, con chiodo in partenza, che la relazione dice di "seguire per quaranta metri, fino al suo termine, senza portarsi sullo spigolo".
Peccato che, dopo un chiodo a metà diedro, io non trovi più alcun segno di passaggi umani e che dopo 25 m il diedro termini...
Traverso allora leggermente a sinistra, per salire in diagonale una parete con rocce decisamente instabili e preoccupanti, piazzando solo un friendino dietro ad una lama di "dubbia moralità", prima di sbucare finalmente in un'ampia cengia erbosa, dove faccio sosta su un albero.
Simone mi raggiunge, supera un nevaio in cengia e si porta all'attacco del filo di cresta, qui abbastanza ampio e articolato, con passi di III+, andando a sostare su spuntoni poco oltre un albero secco:
Salgo a mia volta il tiro, sotto un sole spettacolare:
Quinto tiro (IV): supero una placconata che mi riporta in cresta, poi scalo la parete sinistra della punta che segue, su roccia ora migliore:
Mi porto sotto la punta seguente, un torrione splendido, alto e verticale:
Ne risalgo buona parte, senza difficoltà serie, poi faccio sosta su solidi spuntoni, dove mi raggiunge Simone:
Ok, non troviamo segni di passaggio da un po', ma lo spigolo non può che passare da qui...
Ora tocca a Simo dirimere gli ultimi dubbi definitivamente: scala direttamente la punta (III+) e sapremo quanto manca, anche se per la verità non si vedono nemmeno le annunciate nuvole pomeridiane, siamo in totale tranquillità.
Sesto tiro dunque semplicemente magnifico, il più estetico della via, Simo sale la parete piuttosto articolata, lungo fessure e diedrini, fino a sbucare sulla sommità, da cui la cresta spiana e comunque prosegue senza sorprese negative:
Lo raggiungo alla sosta su spuntoni:
Prima di andare a chiudere i giochi con un'ultima lunghezza (III+), molto più breve e rapida di quanto non sembrasse dalla sosta; poco dopo sono in cima:
Simone mi raggiunge:
In primo piano l'ometto di pietre in cima, in secondo piano la cima di quella che le carte e le relazioni chiamano Quota 2.540, mentre dovremmo essere sulla Punta 2.605 della Valcuca:
Come già notato (e scritto) lo scorso anno dal lato opposto, non vi è alcun dubbio sul fatto che la cima principale sia quella centrale e non quella su cui siamo oggi... La cosa è di un'evidenza clamorosa...
Verso est, il gruppo dell'Argentera (m 3.297), la Regina delle Marittime, con a sinistra il magico Corno Stella (m 3.050), la cui vista mi stimola già voglie mai sopite:
Sono le 13,45.
Autoscatto celebrativo:
Di fronte a noi, verso sud-ovest, l'enorme Testa di Tablasses (m 2.851), ancora ben innevata:
Capitolo discesa: la relazione parla di "semplice e rapida discesa in pochi minuti lungo il canale di destra"...
Realtà: disarrampichiamo buona parte dell'ultimo tiro in cresta, traversiamo sotto la punta e ci portiamo nel canale, molto pendente e scivoloso a causa dell'erba infida schiacciata e orientata verso il basso dal recente peso della copertura nevosa invernale:
Più in basso è ancora peggio, continuiamo a scendere con grande attenzione, in parte su pendio erboso e di terra cedevole, in parte sul bordo, disarrampicando su roccia:
Un'ultima paretina di III da disarrampicare ci deposita sui ghiaioni, da cui scendiamo a recuperare i bastoncini.
Scendiamo e risaliamo su neve dal lato opposto, sfondando il giusto, a causa del caldo...
Ci volgiamo per un ultimo sguardo alla via di salita e di discesa:
La risalita al Colletto del Valasco:
Per fortuna qualche nuvoletta ci salva dalla caldazza e dal riverbero del sole sulla neve...
Dove si sfonda di più, con seri rischi di lasciare tibia, perone o... menischi (già) rotti, proviamo anche strategie alternative:
Giù, sempre più giù, a buon ritmo:
Servono quasi 3 ore anche per il ritorno, tra risalita e perdite di tempo sui nevai.
Ritroviamo la mia auto alle 17,30, poco dopo siamo per strada verso casa... e verso nuove avventure!
Giorno di ferie, sveglia impietosa alle 4,10 e ritrovo con Simone alle 4,30.
Sale in macchina e dirigo il mezzo alla volta delle Terme di Valdieri e poi al Gias delle Mosche (m 1.592).
Ci prepariamo, mentre scolo una redbull alle 6,00 del mattino, per darmi un po' di carica.
La temperatura è fresca (7°C) e le previsioni per oggi sono buone.
Alle 6,25 siamo in cammino, con una mezza corda da 60 m a testa; decidiamo di non portare martello e chiodi, mentre per sicurezza portiamo un antipioggia e io un paio di micro-ramponi, per i tratti in neve.
Saliamo gli infiniti tornanti del sentiero, atraversiamo un oaio di residui valanghivi su neve compatta, con la dovuta attenzione, poi il sentiero fa un lungo traverso a sinistra, portandosi al di sopra del Pian della Casa, dove iniziamo a trovare un po' di neve.
Continuiamo a salire e raggiungiamo, ormai su neve continua, il Lago Sottano di Fremamorta (m 2.354), ancora ghiacciato:
Qui avvistiamo quello che sembra a tutti gli effetti un lupo, che risale un pendio in neve:
Volgiamo a destra e ci dirigiamo verso il Colletto del Valasco (m 2.429), oltre il quale scendiamo verso la Val Morta:
Nel traverso a mezzacosta su neve dura e compatta, indosso i micro-ramponi.
Poco dopo ci portiamo verso la discesa alla base degli Speroni della Cima di Valcuca; alle mie spalle, la Testa Nord di Bresses (m 2.830):
Scendiamo su neve a tratti sfondosa già a quest'ora... speriamo bene per il ritorno:
Ecco di fronte a noi gli speroni meridionali della Cima di Valcuca (m 2.605), perfettamente puliti ed asciutti:
La risalita delle pietraie che conducono alla parete è sempre antipatica, ma finalmente ci siamo, alle 9,30, dopo esattamente 3 ore di avvicinamento:
Ci siamo, sono le 10 quando siamo pronti ad attaccare il primo tiro (V), che presenta subito il tratto chiave della via:La roccia sembra proprio quella magnifica che abbiamo accarezzato un anno fa; in realtà la troveremo più rotta e un po' più malsicura, non salda come sullo sperone alla nostra sinistra.
Parto io, salgo il diedro-fessura iniziale, subito verticale:
Ben presto sono sul passo chiave, un traverso a sinistra per passare dal diedro iniziale a quello di sinistra, bypassando un tetto; il passaggio è ben protetto da un buon chiodo:
Poco dopo un tratto verticale caratterizzato da buone lame da tirare, trovo una nicchia ed un accenno di terrazzino, e soprattutto la sosta su due chiodi, che integro con una fettuccia su spuntone.
Simo, tocca a te, si torna su roccia!
La sosta:
Simone sul passo chiave:
Procediamo alternati e Simo va avanti nelle placche della seconda lunghezza (IV), prima senza difficoltà, poi seguendo un diedro a destra che si fa via via più verticale, fino a trovare un chiodo, in corrispondenza del quale occorre salire e ribaltarsi al di sopra del muretto a destra, guadagnando lo spigolo, che si segue fino alla sosta:
Seguo rapido:
Il terzo tiro è quello in cui... terminano già le certezze!
Riconosciamo il diedro a destra, con chiodo in partenza, che la relazione dice di "seguire per quaranta metri, fino al suo termine, senza portarsi sullo spigolo".
Peccato che, dopo un chiodo a metà diedro, io non trovi più alcun segno di passaggi umani e che dopo 25 m il diedro termini...
Traverso allora leggermente a sinistra, per salire in diagonale una parete con rocce decisamente instabili e preoccupanti, piazzando solo un friendino dietro ad una lama di "dubbia moralità", prima di sbucare finalmente in un'ampia cengia erbosa, dove faccio sosta su un albero.
Simone mi raggiunge, supera un nevaio in cengia e si porta all'attacco del filo di cresta, qui abbastanza ampio e articolato, con passi di III+, andando a sostare su spuntoni poco oltre un albero secco:
Salgo a mia volta il tiro, sotto un sole spettacolare:
Quinto tiro (IV): supero una placconata che mi riporta in cresta, poi scalo la parete sinistra della punta che segue, su roccia ora migliore:
Mi porto sotto la punta seguente, un torrione splendido, alto e verticale:
Ne risalgo buona parte, senza difficoltà serie, poi faccio sosta su solidi spuntoni, dove mi raggiunge Simone:
Ok, non troviamo segni di passaggio da un po', ma lo spigolo non può che passare da qui...
Ora tocca a Simo dirimere gli ultimi dubbi definitivamente: scala direttamente la punta (III+) e sapremo quanto manca, anche se per la verità non si vedono nemmeno le annunciate nuvole pomeridiane, siamo in totale tranquillità.
Sesto tiro dunque semplicemente magnifico, il più estetico della via, Simo sale la parete piuttosto articolata, lungo fessure e diedrini, fino a sbucare sulla sommità, da cui la cresta spiana e comunque prosegue senza sorprese negative:
Lo raggiungo alla sosta su spuntoni:
Prima di andare a chiudere i giochi con un'ultima lunghezza (III+), molto più breve e rapida di quanto non sembrasse dalla sosta; poco dopo sono in cima:
Simone mi raggiunge:
In primo piano l'ometto di pietre in cima, in secondo piano la cima di quella che le carte e le relazioni chiamano Quota 2.540, mentre dovremmo essere sulla Punta 2.605 della Valcuca:
Come già notato (e scritto) lo scorso anno dal lato opposto, non vi è alcun dubbio sul fatto che la cima principale sia quella centrale e non quella su cui siamo oggi... La cosa è di un'evidenza clamorosa...
Verso est, il gruppo dell'Argentera (m 3.297), la Regina delle Marittime, con a sinistra il magico Corno Stella (m 3.050), la cui vista mi stimola già voglie mai sopite:
Sono le 13,45.
Autoscatto celebrativo:
Di fronte a noi, verso sud-ovest, l'enorme Testa di Tablasses (m 2.851), ancora ben innevata:
Capitolo discesa: la relazione parla di "semplice e rapida discesa in pochi minuti lungo il canale di destra"...
Realtà: disarrampichiamo buona parte dell'ultimo tiro in cresta, traversiamo sotto la punta e ci portiamo nel canale, molto pendente e scivoloso a causa dell'erba infida schiacciata e orientata verso il basso dal recente peso della copertura nevosa invernale:
Più in basso è ancora peggio, continuiamo a scendere con grande attenzione, in parte su pendio erboso e di terra cedevole, in parte sul bordo, disarrampicando su roccia:
Un'ultima paretina di III da disarrampicare ci deposita sui ghiaioni, da cui scendiamo a recuperare i bastoncini.
Scendiamo e risaliamo su neve dal lato opposto, sfondando il giusto, a causa del caldo...
Ci volgiamo per un ultimo sguardo alla via di salita e di discesa:
La risalita al Colletto del Valasco:
Per fortuna qualche nuvoletta ci salva dalla caldazza e dal riverbero del sole sulla neve...
Dove si sfonda di più, con seri rischi di lasciare tibia, perone o... menischi (già) rotti, proviamo anche strategie alternative:
Giù, sempre più giù, a buon ritmo:
Servono quasi 3 ore anche per il ritorno, tra risalita e perdite di tempo sui nevai.
Ritroviamo la mia auto alle 17,30, poco dopo siamo per strada verso casa... e verso nuove avventure!
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