Io e Bruno
In questo finale di estate riesco ad organizzare una magnifica uscita su una parete che già conosco, ma lungo la via considerata la perla della zona.
Io e Bruno siamo d'accordo sul recarci al Chapeau de Gendarme (m 2.565), in Ubaye, per scalare la via Sonnez et Montez (6a+ TD 7L 240 m).
Un paio di anni fa mi sono già calato lungo la via, dopo aver salito Les Jeans Heureux con l'Alpino.
Ritrovo a Fossano alle 5,00, previsioni meteo ottime; guido io, sfreccio lungo la Valle Stura, valichiamo il confine e giù lungo l'Ubaye fino a Barcelonnette, dove siamo accolti da inattese nuvole...
Seguo la strada per il Col de la Cayolle e parcheggio a Villard d'Abbas, nella nebbia.
Ci prepariamo, con fiducia incrollabile nelle previsioni, anche perchè ci siamo sciroppati 2h 45' di auto e non molliamo tanto facilmente!
Ci avviamo lungo il ben noto sentiero, che percorriamo in una sola ora fino alla base della parete ed alla spettacolare cengia mediana, sempre nella nebbia:
Lungo la cengia mediana, grande ambience:
Risaliamo qualche tratto e guadagniamo l'attacco della via, che, come dice il nome, è caratterizzato dalla presenza di un campanello da suonare all'inizio della scalata:
Ci leghiamo, fa freddino e anche la roccia (il famoso calcare di questa parete) è bella fredda...
Parto io, attacco la fessura-diedro della prima lunghezza (5c), che propone bei passaggi in dulfer, seguiti da una placca a tratti delicata, che muore sotto un grande strapiombo che aggiro sulla sinistra:
Bruno mi raggiunge, con le dita insensibili per il freddo.
Speriamo migliori, io ne sono convinto.
Ci alterniamo e Bruno attacca il primo bombé all'inizio del secondo tiro (6a):
Il tiro poi si mantiene bello costante come difficoltà, continuo:
Salgo a mia volta, sbucando dalle nebbie, che se ne stanno andando finalmente:
Passo avanti per la terza lunghezza (6a): un tiro breve ma intenso, con un paio di metri dove il 6a non è assolutamente regalato:
La roccia si conferma stupenda, un calcare con grip clamoroso:
Bruno en plein gaz, come dicono da queste parti:
Il quarto tiro (6a) è un altro tirone, lungo e continuo, essenzialmente in placca, dopo un diedro-fessura iniziale:
Ora il cielo si è aperto e la roccia si scalda rapidamente; bellissimo:
Ci siamo, la quinta lunghezza (6a secondo alcuni, 6a+ secondo altri) è quella che ricordo bene da quando mi ero calato lungo la via.
Attacco subito un camino decisamente antipatico (6a), che non sembra così impegnativo guardando da sotto, in realtà ha poche prese, lisce e rivolte in basso:
Non manca un po' di vegetazione a disturbare ulteriormente.Ne esco, per affrontare la parte più atletica del tiro, anche questo molto lungo.
Una serie di risalti verticali mi conduce alla base di una fessura-camino a tratti strapiombante, da superare in dulfer ed in opposizione:
Non mi faccio mancare qualche restyng, per sciogliere i muscoli e tirare il fiato.
Veramente faticoso, ma alla fine ne vengo a capo e raggiungo l'aerea sosta su terrazzino sospeso, da cui assicuro e fotografo Bruno:
Sesto tiro (6a): Bruno attacca il muro subito sopra la sosta, con alcuni passaggi molto tecnici ed aleatori, ma molto ben chiodati (è addirittura presente un cordone per tirarsi letteralmente fuori dai guai):
Segue una placca a rigole e cannelures veramente da urlo, il non plus ultra dell'arrampicata su calcare.
Eccomi impegnato sul muro a cannelures:
Ci riuniamo in sosta per l'ultima volta sulla via: la prossima sarà la cima!
Io studio per bene l'ultimo tiro (5c), dal momento che negli ultimi metri della lunghezza precedente sentivo arrivare fastidiosi crampi alla mano sinistra:
La liscia placconata che ci sovrasta però è una tentazione troppo forte per cedere il comando a Bruno: vado!
In effetti il tiro è semplicemente magnifico, come del resto tutta la via, ormai si è capito.
Qualche minuto dopo ecco la catena dell'ultima sosta della via:
Mi accoglie un cielo azzurro perfetto, mentre assicuro Bruno per gli ultimi 48 metri di viaggio verticale:
Foto insieme in cima:
Sgranocchiamo qualcosa, poi si inizia con le calate in doppia:
Alcune spettacolari:
Un paio di volte Bruno scendendo per primo deve risalire, in quanto non arriva con le corde a concatenare due tiri.
La parete del Chapeau de Gendarme vista dalla base:
Percorriamo nuovamente la cengia, poi giù veloci per i prati ed il sentiero, voltandoci continuamente ad ammirare la parete appena scalata:
La via:
Ci aspettano ancora quasi 3 ore di auto... forza, ma ne è valsa ampiamente la pena!
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