Io e Bruno
Una via non banale, alpinismo di ricerca in un vallone magnifico e per me ancora inesplorato.
La proposta viene da Bruno e accetto subito con entusiasmo.
Ci troviamo a Fossano alle 5,00 e un'ora dopo parcheggio l'auto alle Terme di Valdieri, nel buio più totale.
Ci prepariamo a partire, l'obiettivo di giornata è l'esplorazione del granito del Vallone del Prefouns, precisamente lo Spigolo E-S-E (6b TD+ 7L 250 m) alla Punta Giovanna (m 2.780) della Cresta Savoia.
La via è stata aperta in artificiale nel 1955 da Gianni Guderzo, scalatore genovese, conta pochissime ripetizioni negli ultimi anni ed è poco chiodata.
Optiamo dunque per andarci attrezzati di tutto punto, armati fino ai denti con martello, chiodi (ieri sera sono andato ad acquistarne alcuni a lama apposta), serie completa di nut e friend, fettucce, cordoni da abbandono e persino due staffe!
Fortunatamente le temperature ormai sono tornate gradevoli, in alta quota, per questo la lunga camminata che ci porta nel Vallone di Prefouns (quasi 3h 30') si rivela accettabile.
Veniamo accolti da pareti incredibili di granito splendido:
A differenza della relazione, che recita di "seguire il sentiero verso il Passo di Prefouns fin sotto la sella che divide la Cresta Savoia dal Caire de Prefouns", il sentiero non arriva affatto lì, ma piega decisamente a sinistra all'inizio di una morena detritica, per portarsi verso la Testa di Tablasses (m 2.851), sul lato sinistro del vallone...
Tablasses di cui studio un po' la parete ovest, dove ho un paio di progetti da realizzare, dalla via di Michelin sulle placche d'argento, ad altre vie decisamente meno conosciute... Bruno invece si concentra sulla successione di torrioni che compongono la via Gogna-Calcagno:
Abbiamo capito che dobbiamo allora abbandonare il sentiero, per portarci nuovamente sul lato destro (sinistra orografica) del vallone e per far questo ci tocca risalire e poi attraversare la grande morena detritica, fino a giungere sotto le pareti est delle punte della Cresta Savoia, con l'occhio che cade e riconosce subito la nostra via di oggi, al di sopra della caratteristica cengia diagonale:
Risaliamo il canalino che dà accesso alla cengia diagonale, poi volgiamo a destra e in breve siamo all'attacco della via, scritto alla base:
Ci leghiamo, saliremo a tiri alterni come sempre e parto io; sono le 10,10.
Il primo tiro (IV+) sale i facili risalti iniziali, poi trovo un buon chiodo sulla cengia alla base di una paretina verticale, che salgo a destra lungo un diedro:
Mi porto poi leggermente a sinistra, sulla verticale del diedro giallo citato dalla relazione, per salire ancora diedri e rampe verticali fino al comodo e logico terrazzino di sosta, dove trovo tre buoni chiodi collegati da un cordone, che vado a integrare:
Faccio salire l'amico, al sole si sta benissimo, una leggera velatura rende la temperatura ancora migliore, fresca:
Siamo già al tiro chiave della via, il secondo (6b): Bruno attacca il diedro verticale che sormonta la sosta, rinvia una fettuccia su spuntone, poi si innalza con attenzione per ristabilirsi all'altezza del primo chiodo:
Uno dei chiodi seguenti, in una fessura a sinistra, fuori dal diedro, è sia difficile da rinviare causa occhiello parzialmente schiacciato nella fessura, sia poco rassicurante, non lo usiamo.
Bruno si alza ancora qualche metro, poi esce a sinistra e va a salire un muro strapiombante al di sopra, per raggiungere la sosta non comodissima:
Terzo tiro (V): la relazione non è così chiara... traverso a sinistra per circa 5 o 6 metri, poi cerco sopra di me il diedro di 8 metri di cui parla... ne trovo diversi, tutti potenzialmente corretti... quel che è certo, non vedo alcun chiodo da nessuna parte.
Alla fine scelgo un diedro che in realtà diviene leggermente strapiombante, non chiodato e scarsamente proteggibile (infilo un paio di friend vicini, un grande e uno 0,5, ma nel complesso con poca aspettativa di protezione...), su roccia piuttosto lichenata, insomma... passo alcuni minuti non proprio entusiasmanti, prima di uscire finalmente sulle terrazze superiori, dove poi senza difficoltà vado a sostare su un solido albero su terrazzino, come da relazione, dopo 30 m.
Bruno poco dopo esce dal diedro:
La sosta:
Sul tiro dopo tocca a Bruno passare un brutto momento...
Quarta lunghezza (V): la relazione parla di salire nei pressi del filo di spigolo, ma la logica porta Bruno a rimanere qualche metro sulla destra; a un certo punto però si porta forse troppo a destra, seguendo un sistema di diedri per superare un tratto ora strapiombante: dopo aver piazzato un friend piccolo, posa un micro-nut dopo un paio di metri, poi si impegna nel superare il tettino.
Improvvisamente si stacca una presa alta e viene giù insieme a lui...
Fortunatamente il nut fa il suo dovere e, con la mia collaborazione, trattiene la caduta; Bruno scivola lungo la placca e si ferma senza grossi danni, solo qualche scorticatura, che sarà il souvenir della nostra salita nei prossimi giorni:
Dopo il voletto, Bruno riparte subito, rimanendo ora un po' più a sinistra, salendo una serie di diedrini e fessure che dal basso sul momento non mi sembrano granché, ma che quando salirò io apprezzerò molto di più sul piano dell'impegno richiesto:
Sale per una trentina di metri, poi sosta subito prima che la via diventi un'affilata cresta.
Lo raggiungo, purtroppo non riuscendo a estrarre il micro-nut di cui sopra: consiglio pertanto ai ripetitori futuri di tenersi a sinistra del nut, per evitare la zona più friabile che ha causato il nostro problema.
Torno davanti, quinto tiro (V), sul filo di cresta, entusiasmante:
Quando arrivo sotto all'inconfondibile gendarme giallo, lo supero alla sua destra lungo una placca delicata (2 chiodi), poi risprendo il filo di cresta su difficoltà inferiori, per sostare dopo oltre 50 m su un solido spuntone:
Bruno mi segue e supera il gendarme:
La sosta:
Avanti per la sesta lunghezza (V), con Bruno che supera la cresta, ora abbastanza facile, fino al suo termine:
Poi prosegue a destra con un ultimo passaggio in placca, che dà accesso agli ultimi facili metri fino alla vetta della Punta Giovanna (m 2.780):
Invece delle 7 lunghezze come da relazione, con gli ultimi tiri lunghi riusciamo a chiudere la via in 6 tiri:
Autoscatto con il Tablasses alle spalle:
Sono quasi le 14,00.
La parete ovest del Tablasses senza le nostre facce moleste, per studiare una serie di obiettivi futuri:
Verso nord-ovest, il Lago delle Portette e il Rifugio Questa sulla sponda est:
Verso sud, la prosecuzione della Cresta Savoia, con la Punta Maria in primo piano:
La discesa è tranquilla, raggiungiamo in pochi istanti il colle tra la Punta Giovanna e la Punta Maria, ove troviamo il cordone per la calata in doppia da 25 m, calata che non effettuiamo in quanto ci sembra di poter scendere tranquillamente disarrampicando, come in realtà sarà.
Poi seguiamo cenge che scendono verso destra (nord), fino ad un salto un po' più esposto, dove alle mie spalle trovo un solido ancoraggio per calata (due chiodi collegati da fettuccia blu e anello di calata):
Stavolta decidiamo di fare la calata, poi ancora lungo cenge verso nord, fino alle pietraie basali.
Qui sgranocchiamo qualcosa, prima di puntare verso il rifugio, percorrendo il Vallone Margiola, sorprendentemente privo di sentiero o traccia...
Dopo quasi un'ora di penoso incedere tra sfasciumi e pietraie della peggior specie, eccoci al rifugio, cui passiamo accanto procedendo verso il fondovalle:
Si addensano alcune nuvole, ma del tutto innocue, proseguiamo la discesa sotto un sole piacevolmente velato, fino al Piano del Valasco e da lì al parcheggio di Terme di Valdieri, dove arriveremo alle 17,30.
Si chiude un'altra grandiosa giornata in alta quota, nel cuore delle nostre Marittime, che salutiamo con un arrivederci a prestissimo!
La proposta viene da Bruno e accetto subito con entusiasmo.
Ci troviamo a Fossano alle 5,00 e un'ora dopo parcheggio l'auto alle Terme di Valdieri, nel buio più totale.
Ci prepariamo a partire, l'obiettivo di giornata è l'esplorazione del granito del Vallone del Prefouns, precisamente lo Spigolo E-S-E (6b TD+ 7L 250 m) alla Punta Giovanna (m 2.780) della Cresta Savoia.
La via è stata aperta in artificiale nel 1955 da Gianni Guderzo, scalatore genovese, conta pochissime ripetizioni negli ultimi anni ed è poco chiodata.
Optiamo dunque per andarci attrezzati di tutto punto, armati fino ai denti con martello, chiodi (ieri sera sono andato ad acquistarne alcuni a lama apposta), serie completa di nut e friend, fettucce, cordoni da abbandono e persino due staffe!
Fortunatamente le temperature ormai sono tornate gradevoli, in alta quota, per questo la lunga camminata che ci porta nel Vallone di Prefouns (quasi 3h 30') si rivela accettabile.
Veniamo accolti da pareti incredibili di granito splendido:
A differenza della relazione, che recita di "seguire il sentiero verso il Passo di Prefouns fin sotto la sella che divide la Cresta Savoia dal Caire de Prefouns", il sentiero non arriva affatto lì, ma piega decisamente a sinistra all'inizio di una morena detritica, per portarsi verso la Testa di Tablasses (m 2.851), sul lato sinistro del vallone...
Tablasses di cui studio un po' la parete ovest, dove ho un paio di progetti da realizzare, dalla via di Michelin sulle placche d'argento, ad altre vie decisamente meno conosciute... Bruno invece si concentra sulla successione di torrioni che compongono la via Gogna-Calcagno:
Abbiamo capito che dobbiamo allora abbandonare il sentiero, per portarci nuovamente sul lato destro (sinistra orografica) del vallone e per far questo ci tocca risalire e poi attraversare la grande morena detritica, fino a giungere sotto le pareti est delle punte della Cresta Savoia, con l'occhio che cade e riconosce subito la nostra via di oggi, al di sopra della caratteristica cengia diagonale:
Risaliamo il canalino che dà accesso alla cengia diagonale, poi volgiamo a destra e in breve siamo all'attacco della via, scritto alla base:
Ci leghiamo, saliremo a tiri alterni come sempre e parto io; sono le 10,10.
Il primo tiro (IV+) sale i facili risalti iniziali, poi trovo un buon chiodo sulla cengia alla base di una paretina verticale, che salgo a destra lungo un diedro:
Mi porto poi leggermente a sinistra, sulla verticale del diedro giallo citato dalla relazione, per salire ancora diedri e rampe verticali fino al comodo e logico terrazzino di sosta, dove trovo tre buoni chiodi collegati da un cordone, che vado a integrare:
Faccio salire l'amico, al sole si sta benissimo, una leggera velatura rende la temperatura ancora migliore, fresca:
Siamo già al tiro chiave della via, il secondo (6b): Bruno attacca il diedro verticale che sormonta la sosta, rinvia una fettuccia su spuntone, poi si innalza con attenzione per ristabilirsi all'altezza del primo chiodo:
Uno dei chiodi seguenti, in una fessura a sinistra, fuori dal diedro, è sia difficile da rinviare causa occhiello parzialmente schiacciato nella fessura, sia poco rassicurante, non lo usiamo.
Bruno si alza ancora qualche metro, poi esce a sinistra e va a salire un muro strapiombante al di sopra, per raggiungere la sosta non comodissima:
Terzo tiro (V): la relazione non è così chiara... traverso a sinistra per circa 5 o 6 metri, poi cerco sopra di me il diedro di 8 metri di cui parla... ne trovo diversi, tutti potenzialmente corretti... quel che è certo, non vedo alcun chiodo da nessuna parte.
Alla fine scelgo un diedro che in realtà diviene leggermente strapiombante, non chiodato e scarsamente proteggibile (infilo un paio di friend vicini, un grande e uno 0,5, ma nel complesso con poca aspettativa di protezione...), su roccia piuttosto lichenata, insomma... passo alcuni minuti non proprio entusiasmanti, prima di uscire finalmente sulle terrazze superiori, dove poi senza difficoltà vado a sostare su un solido albero su terrazzino, come da relazione, dopo 30 m.
Bruno poco dopo esce dal diedro:
La sosta:
Sul tiro dopo tocca a Bruno passare un brutto momento...
Quarta lunghezza (V): la relazione parla di salire nei pressi del filo di spigolo, ma la logica porta Bruno a rimanere qualche metro sulla destra; a un certo punto però si porta forse troppo a destra, seguendo un sistema di diedri per superare un tratto ora strapiombante: dopo aver piazzato un friend piccolo, posa un micro-nut dopo un paio di metri, poi si impegna nel superare il tettino.
Improvvisamente si stacca una presa alta e viene giù insieme a lui...
Fortunatamente il nut fa il suo dovere e, con la mia collaborazione, trattiene la caduta; Bruno scivola lungo la placca e si ferma senza grossi danni, solo qualche scorticatura, che sarà il souvenir della nostra salita nei prossimi giorni:
Dopo il voletto, Bruno riparte subito, rimanendo ora un po' più a sinistra, salendo una serie di diedrini e fessure che dal basso sul momento non mi sembrano granché, ma che quando salirò io apprezzerò molto di più sul piano dell'impegno richiesto:
Sale per una trentina di metri, poi sosta subito prima che la via diventi un'affilata cresta.
Lo raggiungo, purtroppo non riuscendo a estrarre il micro-nut di cui sopra: consiglio pertanto ai ripetitori futuri di tenersi a sinistra del nut, per evitare la zona più friabile che ha causato il nostro problema.
Torno davanti, quinto tiro (V), sul filo di cresta, entusiasmante:
Quando arrivo sotto all'inconfondibile gendarme giallo, lo supero alla sua destra lungo una placca delicata (2 chiodi), poi risprendo il filo di cresta su difficoltà inferiori, per sostare dopo oltre 50 m su un solido spuntone:
Bruno mi segue e supera il gendarme:
La sosta:
Avanti per la sesta lunghezza (V), con Bruno che supera la cresta, ora abbastanza facile, fino al suo termine:
Poi prosegue a destra con un ultimo passaggio in placca, che dà accesso agli ultimi facili metri fino alla vetta della Punta Giovanna (m 2.780):
Invece delle 7 lunghezze come da relazione, con gli ultimi tiri lunghi riusciamo a chiudere la via in 6 tiri:
Autoscatto con il Tablasses alle spalle:
Sono quasi le 14,00.
La parete ovest del Tablasses senza le nostre facce moleste, per studiare una serie di obiettivi futuri:
Verso nord-ovest, il Lago delle Portette e il Rifugio Questa sulla sponda est:
Verso sud, la prosecuzione della Cresta Savoia, con la Punta Maria in primo piano:
La discesa è tranquilla, raggiungiamo in pochi istanti il colle tra la Punta Giovanna e la Punta Maria, ove troviamo il cordone per la calata in doppia da 25 m, calata che non effettuiamo in quanto ci sembra di poter scendere tranquillamente disarrampicando, come in realtà sarà.
Poi seguiamo cenge che scendono verso destra (nord), fino ad un salto un po' più esposto, dove alle mie spalle trovo un solido ancoraggio per calata (due chiodi collegati da fettuccia blu e anello di calata):
Stavolta decidiamo di fare la calata, poi ancora lungo cenge verso nord, fino alle pietraie basali.
Qui sgranocchiamo qualcosa, prima di puntare verso il rifugio, percorrendo il Vallone Margiola, sorprendentemente privo di sentiero o traccia...
Dopo quasi un'ora di penoso incedere tra sfasciumi e pietraie della peggior specie, eccoci al rifugio, cui passiamo accanto procedendo verso il fondovalle:
Si addensano alcune nuvole, ma del tutto innocue, proseguiamo la discesa sotto un sole piacevolmente velato, fino al Piano del Valasco e da lì al parcheggio di Terme di Valdieri, dove arriveremo alle 17,30.
Si chiude un'altra grandiosa giornata in alta quota, nel cuore delle nostre Marittime, che salutiamo con un arrivederci a prestissimo!
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