Io e Paolino l'Alpino
Ancora un'uscita particolare, di ricerca, in una zona mai visitata da noi ed in generale direi poco conosciuta.
Facciamo rotta sulla Val Pellice e risaliamo i tornanti del Vallone degli Invincibili, valle laterale sulla sinistra orografica, all'altezza di Villar Pellice. Il vallone prende il nome dalle imprese dei partigiani della zona, che si rifugiarono quassù per presidiare il territorio negli anni bui della Seconda Guerra Mondiale.
Parcheggiamo poco prima della fine dell'asfalto, poi ci incamminiamo lungo la carrozzabile, che lasciamo quasi subito per imboccare un ripido sentiero sulla sinistra.
L'ambiente è carino:
L'Alpino mugugna, io prendo il sentiero: "Ma sì, taglierà un tornante, ritroveremo presto la strada".
Invece no, camminiamo oltre mezzora lungo il sentiero ben segnalato dai bolli di vernice, facendo anche qualche simpatico incontro, come la tipica salamandra delle valli del Monviso:
Quando ritroviamo la carrozzabile, sbuchiamo al sole, che oggi dovrebbe assisterci:
Man mano che saliamo, il panorama migliora e si arricchisce della vista sul Monviso (m 3.841) e del suo versante nord:
Dopo circa 45' raggiungiamo il Rifugio degli Invincibili (m 1.360), dove entriamo un po' per curiosare, un po' per una fetta di torta, che purtroppo è ancora in forno... pazienza, riguadagniamo il sentiero, che non salirà più molto, ma ci porterà quasi a mezza costa verso le pareti prescelte:
Dopo circa 20 minuti, eccoci in vista del Lou Poli (m 1.500), la struttura che scaleremo, a meno che il temporale di stanotte non abbia lasciato le pareti bagnate:Superiamo un primo torrente grazie ad una corda fissa, poi un secondo, nello stesso modo:
Eccoci al cospetto dell'attacco della via Fai Coum la Ratamuza (5c D 9L 195 m):
La roccia è serpentino, con molte intrusioni di quarzo; la parete purtroppo non pare esente da colate d'acqua...
Ci prepariamo, attacca Paolino il primo tiro (5b): la partenza è ostica, con un movimento strano ad uscire a sinistra, a freddo e su roccia con poco grip; in qualche modo sale, poi avanza con fatica, a causa della roccia bagnata:
Ci prepariamo, attacca Paolino il primo tiro (5b): la partenza è ostica, con un movimento strano ad uscire a sinistra, a freddo e su roccia con poco grip; in qualche modo sale, poi avanza con fatica, a causa della roccia bagnata:
"Oggi non ho voglia di soffrire", sentenzia l'Alpino, che si fa calare e mi lascia l'onore...
Ok, cambio, provo io; un po' infreddolito, salgo il tiro, che propone subito qualche tratto con chiodatura piuttosto distanziata, in alto:
Intendiamoci: con un altro tipo di roccia e più fiducia negli appoggi in aderenza, la chiodatura sarebbe ottima, ma oggi la sento un po' lunghetta...
Comunque raggiungo la sosta sulla grande placca appoggiata che sormonta il primo risalto della via e recupero il socio:
Qui commettiamo un errore, dovuto al semplice fatto che... non abbiamo con noi la relazione della via...
Chissà perchè, sbircio a sinistra, oltre lo spigolo, e vedo gli spit che salgono, ma penso che siano di uno dei monotiri che partono da terra; se aggiungiamo che mi par di ricordare un traverso a destra sulla foto vista su internet, ecco spiegato perchè traversiamo a destra e ci portiamo sotto ad un diedro verticale, totalmente bagnato, da cui colano acqua e fango...
Sarà il nostro secondo tiro (5b), che Paolino sale integrando con un paio di friends:
Salgo a mia volta, certo non ci divertiamo molto alle prese con appigli bagnati e fango sul fondo del diedro, ma azzerando qualche passaggio saliamo anche questo risalto:
Terzo tiro (3c): salgo un breve risalto, poi devo ridiscendere dalla parte opposta una placca in parte bagnata:Siccome non è stato un tiro di corda molto serio, resto davanti per la quarta lunghezza (5a): facile lungo un primo risalto, poi un deciso strapiombo mi impegna per qualche minuto, fino a quando non lo interpreto correttamente; segue un muro in placca piuttosto verticale, chiodato un po' lungo:
Paolino impegnato nel muro finale:
Muro che prosegue nel quinto tiro (5b): prima facilmente, poi con un passaggio tecnico prima dell'uscita:
Seguono facili risalti e la sosta sotto ad un grande tetto strapiombante, sulla sinistra:
La sesta lunghezza è in realtà un trasferimento, reso oggi leggermente insidioso dal bagnato, che mi conduce alla base di una bella placconata.
Settimo tiro (5c): attacco la placca, poi salgo in diagonale verso sinistra, prima lungo una fessura, poi in aderenza; tiro questo tiro piuttosto impegnativo e con chiodatura un po' allegra, ma alla fine esco su una facile placca abbattuta, che mi porta a sostare sotto ad un risalto:
Paolino mi raggiunge, mentre ci giungono le voci di una cordata impegnata sulla nostra stessa via, qualche tiro indietro.
L'ottava lunghezza (4b) vede Paolino risalire un paio di risalti, traversare decisamente a sinistra e portarsi al di sotto di un altro enorme tetto strapiombante; un ulteriore traverso a sinistra lo conduce sul filo dello spigolo:
Ancor prima che io parta per l'ottava lunghezza, lo sento ammirare l'estrema verticalità del prossimo tiro.
In effetti, quando vi arrivo e sbircio, mi accorgo che il nono ed ultimo tiro (5c) non solo è verticalissimo, ma è addirittura strapiombante di quasi mezzo metro.
Presenta comunque buone prese, anche se la parete nel complesso non offre grandi prese come altri tipi di roccia; ne esce un tiro molto estetico, che, a causa della stanchezza accumulata fin qui, percorro con qualche resting:
Splendida lunghezza, niente da dire:Esco dal muro e percorro più facili rampe verso sinistra, fino alla sosta sommitale: sono le 14,40.
Abbiamo impiegato poco più di 3 ore e mezza.
Il panorama dalla vetta, verso ovest:
a nord:
Autoscatto celebrativo:
La discesa richiede una sola calata in doppia da 50 m verso ovest, anche se incontro una sosta intermedia che permetterebbe di scendere anche con corde più corde o con una corda intera:
Colgo l'occasione per fotografare la cordata che segue all'inizio dell'ultimo tiro della via:
A terra possiamo bere e sgranocchiare qualcosa, mentre cala il venticello fresco che ci ha accompagnati durante la salita.
Poi scendiamo, lungo un sentiero segnato da bolli rossi e bianchi, sempre sotto lo sguardo protettivo del Monviso e della sua splendida parete nord:
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