sabato 17 luglio 2010

CIMA di NASTA (m 3.108): Lupo Alberto

Sabato 17 luglio 2010




Io e Manu



Da molto tempo ho nel mirino la scalata della Cima di Nasta (m 3.108), nel gruppo dell'Argentera.

Stavolta ci siamo: meteo e condizioni ok, voglia al massimo!

Unico neo: Paolino è ancora fermo ai box per via della gamba.

Partenza veramente alpinistica: sveglia alle 3,30 e partenza alle 3,50...

Muovo le ruote in direzione di Terme di Valdieri e da lì saliamo verso il Piano della Casa del Re (m 1.743), dove giungiamo alle 5,30, proprio mentre inizia a far giorno.
Ci prepariamo, imbragati e con zaino e corde in spalla, e ci mettiamo in cammino alle 5,45.
Manu dice che sta salendo piano, ma in relatà già dopo 1h 25' siamo al Rifugio Remondino (m 2.430), dove facciamo una piccola sosta per riempire le borracce e studiare il percorso di avvicinamento; ecco il grandioso scenario che abbiamo di fronte:

Attraversiamo la pietraia, un breve tratto di nevaio e risaliamo la morena di sfasciumi; il cielo è terso, come da previsioni. Un breve traverso a sinistra ci porta in una conca innevata, che traversiamo a sinistra a mezza costa, facendo attenzione a non scivolare: la consistenza è buona e permette di scavare dei gradini con 2 o 3 colpi dello scarponcino.

Eccoci sotto la parete ovest della Nasta, a sinistra la forma caratteristica dell'Uia Nord-Ovest di Nasta:

Dopo il traverso, raggiungiamo un isolotto roccioso, da cui studiamo bene la foto con il tracciato della via: individuiamo la fessura che più assomiglia a quella di partenza, dopo di che estraggo dallo zaino i miei nuovi micro-ramponcini e li indosso in pochi secondi. Comincio a risalire il pendio che mi sovrasta, inclinato poco oltre i 45°: la consistenza è buona, continuo a gradinare un po' e salgo per circa 55 m, anche se come sempre mi dà molta più sicurezza la roccia della neve...

Supero con molta attenzione la crepaccia terminale e, con un breve ma intenso passo in placca con scarponcini bagnati e ramponi, raggiungo la sosta che vedo circa 3 metri più in alto sulla parete; da qui recupero Manu in tutta sicurezza:

OK, finalmente possiamo dedicarci alla roccia... e che roccia! E' uno gneiss scolpito fantastico, perfetto e compatto.

La via che saliremo è Lupo Alberto (5b D 10L 380 m).

Ci prepariamo e parto io per il primo tiro (4a), che risale la fessura verticale sopra di noi:

Qualche metro prima di quanto recitasse la relazione, raggiungo una sosta con spit+chiodo collegati, da cui recupero Manu:

Verso ovest: a destra la catena della Madre di Dio, in primo piano l'ombra della Nasta:

Manu sale il secondo tiro (4b), seguendo sempre la fessura che taglia la placca:

Alla nostra sinistra, l'Uia Nord-Ovest di Nasta:

La seconda sosta non è proprio uno splendore... ma sono comunque tre chiodi collegati:

Sotto di noi il nevaio si allontana rapidamente:

Parto per il terzo tiro (4a): un diedro verticale,

poi esco in placca e la parete "si apre" davanti e intorno a noi, enorme.

Mi diverto tantissimo, anche se occorre stare all'occhio, non ci sono più di 2 o 3 chiodi per tiro, la cui lunghezza arriva anche a 50 metri...

Manu mi raggiunge:

L'uscita dal diedro:

Manu scala la quarta lunghezza (4b), prima in placca, poi aggirando a sinistra uno strapiombo, fino alla sosta:

La placca è bellissima, continua e di roccia ottima e salda.

Salgo il quinto tiro (4b), ancora in placca:

La temperatura è fresca, indossiamo il soft-shell ed a tratti abbiamo anche qualche brivido, fermi in sosta...

L'Uia Sud-Ovest è ormai parecchio sotto ai nostri piedi, l'ambiente è grandioso e selvaggio:


Sesto tiro (3c), facile, lungo la placca ora più appoggiata ed articolata:

Salgo la settima lunghezza (4b), ancora in placca, per 50 m:

Ottava lunghezza (5b): Manu è già un po' stanco, ma sale la placca e supera la dulfer che caratterizza gli ultimi 7 o 8 metri, fino alla sosta:

Intanto qualche nuvola arriva a darci qualche pensiero, anche se non particolarmente minacciosa.

Raggiungo l'ottava sosta: la via Lupo Alberto tecnicamente finisce qui ed è possibil ecalarsi in doppia lungo la via.

Noi però non siamo mai stati in cima alla Nasta, per cui proseguiamo come suggerito da tutte le relazioni: risalgo la placconata per una decina di metri, fin dove termina, poi traverso a destra decisamente, con qualche passo particolare, proteggendomi su uno spuntone, fino a raggiungere una selletta esattamente dopo 20 m di traverso, come descritto dalla relazione; dovremmo intercettare l'ultimo tiro dello Spigolo Vernet (5b D 11L 460 m) per uscire in cima al torrione.

A togliere dubbi, il fatto che ai miei piedi trovo un cordone di sosta attorno ad un grande spuntone, con tanto di maillon di calata: bene, dico, la descrizione, la lunghezza del tiro (Manu ha la mezzeria dei 30 m all'altezza del discensore mentre mi fermo lì) e la sosta che trovo corrispondono!

Intanto recupero il compare e fotografo la via sotto di noi, da quel pulpito:

Sopra di noi, una serie di diedri e camini, non impossibili all'apparenza, fanno pensare che possa trattarsi del tiro cercato...

Manu parte, fortunatamente mi dà ascolto e si prende i miei nuts e friends:

La lunghezza è un calvario per entrambi: lui sale con fatica, le difficoltà aumentano presto, di chiodi nemmeno l'ombra...

Dopo una ventina di metri, sparisce alla mia vista, il vento aumenta e le nuvole si scuriscono...

Dopo un po' si ferma, la corda non scorre più: io urlo, ma fatichiamo a sentirci e mi par di capire che è stanco e sta rifiatando: mi dirà poi che si ferma, toglie lo zaino per mangiare e bere qualcosa, a corto di energie.

Dopo quasi mezz'ora riparte, mentre io mi preoccupo: non capisco perchè ci metta tanto, le nuvole aumentano e ormai ho capito che il tiro del Vernet non passava di lì... Manu mette due friends e un nut, provvidenziali.

La mia preoccupazione è che non riusciamo a sbucare dove dovremmo e magari andiamo a cacciarci male... Confesso che per qualche lungo minuto invidio un pochino le voci festanti degli escursionisti che scendono lungo la Normale dell'Argentera (m 3.297), passando non lontano dalla base della nostra parete...

Finalmente le corde si rimettono in movimento: Manu è ripartito.

Mi urla di mollare tutto, quindi parto subito a mia volta, prima che magari uno scroscio di pioggia renda la roccia viscida e impraticabile.

Salendo mi rendo conto che il tiro era molto duro e, quando raggiungo Manu, fremo dalla fretta di proseguire per mettere la testa al di sopra del risalto di una decina di metri che abbiamo al di sopra. Lui ha trovato un chiodo con cordone e vi ha fatto sosta: evidentemente la bella descrizione della guida della Nasta non ha ingannato solo noi...

Salgo gli ultimi metri ed esco in vetta alla Cima Ovest della Nasta: OK, tutto bene, anche se vedo la croce di vetta ancora molto lontana, all'estremità opposta di una cresta affilata lunga almeno 200 metri...

Faccio salire Manu, poi ci possiamo rilassare un attimo, avendo la certezza di essere sulla "retta via"; facciamo su una corda e ci leghiamo con l'altra, procederemo in conserva protetta.

Vado avanti io, ogni tanto rinvio una fettuccia su spuntone; la cresta è molto bella, affilata ed aerea, ma ben appigliata.

Manu in cresta, con alle spalle il gendarme ovest da cui siamo sbucati:

Verso le 14,30 finalmente raggiungiamo la vetta della Cima di Nasta (m 3.108)!

Le nuvole non paiono più minacciose come poco fa: questo per una ben nota legge non scritta, in base alla quale il meteo ci mette del suo proprio nei momenti di maggior difficoltà...

Firmiamo il libro di vetta, mangiamo e beviamo qualcosa, poi facciamo su le corde e ripartiamo.

La discesa nelle mie relazioni è descritta in poche parole, spero sia di immediata individuazione: non sarà così...

Infatti ci dirigiamo verso la seconda croce e, poco prima, scendiamo a destra, verso sud, lungo un sistema di cenge percorribili; non vediamo però alcun segno (vernice, ometti), così continuiamo a scendere, con qualche passo di disarrampicata facile alternato a cenge camminabili.

Proseguiamo la discesa, indagando la parete ora a destra, ora a sinistra; ad un certo punto, sotto di noi troviamo delle placche: andiamo a sinistra, verso il Canale della Forchetta, ma non troviamo "piste" convincenti...

Allora decido di tornare a destra (faccia a valle), verso il canalino sud, che sbuca direttamente sul Lago di Nasta (m 2.800), e con grande gioia scorgo un ancoraggio per calata in corda doppia!

Chiamo Manu, mi avvicino per esaminare la sosta: ci soddisfa, sono due solidi chiodi collegati da cordoni ed anello di calata.

Con una doppia da 60 m ci portiamo quasi alla base del canalino, da cui scendiamo per cenge e con qualche breve passo di disarrampicata.

Finalmente siamo a terra! O meglio, sulla neve che ancora abbondante ricopre tutto, quassù:

Foto con il Lago di Nasta sullo sfondo:



Ora seguiamo delle tracce su neve che ci conducono a sbucare al di sopra della conca in cui sorge il rifugio, anche se non si capisce bene da che parte scendere, per via dei salti di roccia che inframezzano la via...

Un primo tentativo ci conduce al limitare dei nevai, che non sembrano così insidiosi, ma preferirei un'altra strada...

Allora risalgo e traverso verso ovest a mezza costa, alla ricerca di un passaggio verso la pietraia percorsa al mattino lungo l'avvicinamento: niente, finisco al di sopra di placche che non si possono scendere.

OK, torniamo indietro e scendiamo per nevai: in effetti la consistenza è buona, mezz'ora dopo siamo al rifugio; poco prima, mi volgo a fotografare la Nasta ed il percorso seguito in discesa:

Il nostro vagare qua e là in discesa ha portato via molto tempo, ormai sono le 18,00.

Preferiamo far stare tutti tranquilli, così passiamo al rifugio per un thè, una fetta di torta ed una telefonata a casa.
La via di salita:



Alle 18,30 imbocchiamo tranquillamente il sentiero che ci riporta a valle, mentre le ultime residue nuvole lasciano spazio ad un sole abbacinante; un ultimo sguardo alla vetta che abbiamo letteralmente cavalcato, poi a casa!

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