Io e Simone
Giornata epica anche stavolta, anche se non coronata dalla vetta.
L'idea folle si insinua quando snocciolo a Simo il solito elenco numerato (e numeroso!) di proposte e lui indica Cima della Maledia (m 3.061), via De Cessole (IV- AD+ 13L 450 m).
Ok, vada!
Giorno di ferie, sveglia alle 3,00 e ritrovo alle 3,30; guido nel buio più totale (assenza di luna) fino a San Giacome di Entracque (m 1.250), dove parcheggio prima del ponte che conduce al campeggio; ci prepariamo, pila frontale e via, alle 5,15 siamo in cammino alla volta del Rifugio Federici-Marchesini al Pagarì (m 2.650), con la palina indicatrice che indica 5 ore per raggiungerlo!
Camminiamo spediti, al fresco, con uno zaino abbastanza pesante; poco dopo le 6,00 riponiamo le frontali, ormai è giorno:
L'idea folle si insinua quando snocciolo a Simo il solito elenco numerato (e numeroso!) di proposte e lui indica Cima della Maledia (m 3.061), via De Cessole (IV- AD+ 13L 450 m).
Ok, vada!
Giorno di ferie, sveglia alle 3,00 e ritrovo alle 3,30; guido nel buio più totale (assenza di luna) fino a San Giacome di Entracque (m 1.250), dove parcheggio prima del ponte che conduce al campeggio; ci prepariamo, pila frontale e via, alle 5,15 siamo in cammino alla volta del Rifugio Federici-Marchesini al Pagarì (m 2.650), con la palina indicatrice che indica 5 ore per raggiungerlo!
Camminiamo spediti, al fresco, con uno zaino abbastanza pesante; poco dopo le 6,00 riponiamo le frontali, ormai è giorno:
Camminiamo a buon ritmo e finalmente, verso le 8,40, dopo 3h 25', eccoci al rifugio, alle cui spalle si staglia l'imponente parete Nord-Est, nostro obiettivo:
La parete, spettacolare:
Sembra impossibile poterla scalare con una linea che resta entro il IV grado!
Incredibile come sempre pensare ai primi salitori, che nel remoto 1904, con l'attrezzatura dell'epoca e soprattutto di fronte all'ignoto, si lanciarono su questa enorme parete!
Facciamo tappa al rifugio per prendere da bere e scambiare due parole con Aladar, il gestore e factotum, il quale però stamattina ha poco tempo, sta facendo pulizie.
Ci dà comunque da bere e ci chiede cosa andiamo a fare, poi proseguiamo verso la parete.
La nostra idea è statadi non portare ramponi e picca per scendere il canalino della Maledia, ma di scendere verso ovest, verso il Lago Bianco del Gelas e il Bivacco Moncalieri, e da lì a fondovalle, come avevamo fatto io e Paolino l'Alpino nel 2009.
Seguiamo la traccia, segnata da qualche bollo arancio, poi attraversiamo la grande pietraia che scende dal canalino, per portarci sotto la parete, in corrispondenza di un'evidente macchia scura della parete:
Volgendoci indietro, il laghetto e il rifugio:
Mangiamo qualcosa, ci prepariamo, ci leghiamo e specialmente la mia corda, nuova di pacca, mi fa perdere molto tempo causa arrotolamenti vari...
Parto davanti io, quando inizio sono ormai le 10,00 e c'è un sole splendido.
Il primo tiro (III+) è soprattutto ricerca dell'itinerario corretto, come per l'intera via...
Salgo in diagonale a sinistra, alla ricerca di un terrazzino con "chiodo e moschettone arrugginito", come riporta una delle relazioni:
Traverso a sinistra, salgo un risalto, sempre guardandomi intorno in ogni direzione:
Trovo il chiodo con moschettone, bene, poi proseguo fino al diedro a sinistra, che risalgo rimanendo per la verità la placca che ne forma la faccia destra:
Dopo una decina di metri, come da relazione, trovo la sosta S1 sul terrazzino a destra, dietro ad un masso, sosta su due chiodi collegati:
Recupero l'amico:
Anche lui in placca:
Resto davanti per il secondo tiro (III), rientrand nel diedro alla nostra sinistra, per salire alcuni metri fino a un terrazzino dove trovo una sosta a chiodi e anello, che rinvio, poi la relazione parla di rampa a sinistra, per andare a uscire su un altro terrazzino:
Seguo una rampa in parte erbosa, che però dopo si impenna e mi costringe a passaggi non banali e soprattutto molto aleatori, su teppe erbose molto poco rassicuranti, con uscita in dulfer al di sotto di una cornice rocciosa, dove riesco a posare una fettuccia attorno a un piccolo masso incastrato, prima di raggiungere un terrazzino con ampia spaccata (non banale).
Sul terrazzino trovo due chiodi da collegare, in discrete condizioni, e capisco che ci sarei potuto arrivare molto più facilmente dal basso, dopo aver traversato in orizzontale dal terrazzino precedente...
Pazienza, ormai ci sono; recupero il socio, che ha i suoi bei problemi a salire il tratto delicato descritto sopra...
A peggiorare le cose, caricando un po' le corde il masso incastrato che avevo rinviato alla disperata salta via... così purtroppo Simo deve farsi il tiro con traverso finale senza protezioni intermedie...
Fortunatamente le corde restano "rinviate" su un beccuccio roccioso, almeno fino al traverso, poi l'amico riesce a raggiungere la sosta, anche se un po' provato...
Di qui in avanti la descrizione torna, attacco subito il terzo tiro (III+), doppiando lo spigolino alla mia sinistra:
Salgo il diedro che vi trovo, verticale ma ben appigliato, torno al di sopra della sosta, poi una breve placca mi conduce a un chiodo con cordone, da cui inizio una traversata a sinistra facile di una ventina di metri, prima di salire una paretina articolata e raggiungere un terrazzino con una grande lama staccata e blocchi, dove trovo la sosta con due chiodi, di cui uno con cordone:
Collego i due chiodi e do il via all'amico per salire.
Sopra di me già percorro con lo sguardo la placca verticale (III+) del quarto tiro e l'uscita a sinistra su placca bianca, che ci darà accesso ai due tiri facili successivi in placca abbattuta:
Purtroppo però mi giunge dal bassola proposta di ripiegare e tornare indietro, a causa del sofferto tiro precedente e dell'ora che inizia a farsi tarda.
Sono le 12,00.
Provo a portare ragioni per proseguire, ma se il puro divertimento che ci deve spingere viene meno per i motivi più vari, allora è giusto tornare indietro e l'unica condizione che pongo per scendere è un buon piatto al rifugio!
Il problema è che questa è la classica via da cui non è per nulla facile e soprattutto agevole tornare indietro...
Con somma sfiducia negli ancoraggi in posto, inizio una serie di disarrampicate assicurato alla corda doppia, che mi guardo bene dal sollecitare.
C'è da dire poi che siamo saliti fin qui sostanzialmente in traverso diagonale verso sinistra, motivo in più per complicare le cose in discesa...
Alla fine impieghiamo molto tempo, ma riusciamo a scendere senza lasciare troppo materiale in parete, solo una fettuccia e un anello di calata in S3.
L'ultima doppia è quella più verticale, ma cerco di disarrampicare anche qui:
Sembra impossibile poterla scalare con una linea che resta entro il IV grado!
Incredibile come sempre pensare ai primi salitori, che nel remoto 1904, con l'attrezzatura dell'epoca e soprattutto di fronte all'ignoto, si lanciarono su questa enorme parete!
Facciamo tappa al rifugio per prendere da bere e scambiare due parole con Aladar, il gestore e factotum, il quale però stamattina ha poco tempo, sta facendo pulizie.
Ci dà comunque da bere e ci chiede cosa andiamo a fare, poi proseguiamo verso la parete.
La nostra idea è statadi non portare ramponi e picca per scendere il canalino della Maledia, ma di scendere verso ovest, verso il Lago Bianco del Gelas e il Bivacco Moncalieri, e da lì a fondovalle, come avevamo fatto io e Paolino l'Alpino nel 2009.
Seguiamo la traccia, segnata da qualche bollo arancio, poi attraversiamo la grande pietraia che scende dal canalino, per portarci sotto la parete, in corrispondenza di un'evidente macchia scura della parete:
Volgendoci indietro, il laghetto e il rifugio:
Mangiamo qualcosa, ci prepariamo, ci leghiamo e specialmente la mia corda, nuova di pacca, mi fa perdere molto tempo causa arrotolamenti vari...
Parto davanti io, quando inizio sono ormai le 10,00 e c'è un sole splendido.
Il primo tiro (III+) è soprattutto ricerca dell'itinerario corretto, come per l'intera via...
Salgo in diagonale a sinistra, alla ricerca di un terrazzino con "chiodo e moschettone arrugginito", come riporta una delle relazioni:
Traverso a sinistra, salgo un risalto, sempre guardandomi intorno in ogni direzione:
Trovo il chiodo con moschettone, bene, poi proseguo fino al diedro a sinistra, che risalgo rimanendo per la verità la placca che ne forma la faccia destra:
Dopo una decina di metri, come da relazione, trovo la sosta S1 sul terrazzino a destra, dietro ad un masso, sosta su due chiodi collegati:
Recupero l'amico:
Anche lui in placca:
Resto davanti per il secondo tiro (III), rientrand nel diedro alla nostra sinistra, per salire alcuni metri fino a un terrazzino dove trovo una sosta a chiodi e anello, che rinvio, poi la relazione parla di rampa a sinistra, per andare a uscire su un altro terrazzino:
Seguo una rampa in parte erbosa, che però dopo si impenna e mi costringe a passaggi non banali e soprattutto molto aleatori, su teppe erbose molto poco rassicuranti, con uscita in dulfer al di sotto di una cornice rocciosa, dove riesco a posare una fettuccia attorno a un piccolo masso incastrato, prima di raggiungere un terrazzino con ampia spaccata (non banale).
Sul terrazzino trovo due chiodi da collegare, in discrete condizioni, e capisco che ci sarei potuto arrivare molto più facilmente dal basso, dopo aver traversato in orizzontale dal terrazzino precedente...
Pazienza, ormai ci sono; recupero il socio, che ha i suoi bei problemi a salire il tratto delicato descritto sopra...
A peggiorare le cose, caricando un po' le corde il masso incastrato che avevo rinviato alla disperata salta via... così purtroppo Simo deve farsi il tiro con traverso finale senza protezioni intermedie...
Fortunatamente le corde restano "rinviate" su un beccuccio roccioso, almeno fino al traverso, poi l'amico riesce a raggiungere la sosta, anche se un po' provato...
Di qui in avanti la descrizione torna, attacco subito il terzo tiro (III+), doppiando lo spigolino alla mia sinistra:
Salgo il diedro che vi trovo, verticale ma ben appigliato, torno al di sopra della sosta, poi una breve placca mi conduce a un chiodo con cordone, da cui inizio una traversata a sinistra facile di una ventina di metri, prima di salire una paretina articolata e raggiungere un terrazzino con una grande lama staccata e blocchi, dove trovo la sosta con due chiodi, di cui uno con cordone:
Collego i due chiodi e do il via all'amico per salire.
Sopra di me già percorro con lo sguardo la placca verticale (III+) del quarto tiro e l'uscita a sinistra su placca bianca, che ci darà accesso ai due tiri facili successivi in placca abbattuta:
Purtroppo però mi giunge dal bassola proposta di ripiegare e tornare indietro, a causa del sofferto tiro precedente e dell'ora che inizia a farsi tarda.
Sono le 12,00.
Provo a portare ragioni per proseguire, ma se il puro divertimento che ci deve spingere viene meno per i motivi più vari, allora è giusto tornare indietro e l'unica condizione che pongo per scendere è un buon piatto al rifugio!
Il problema è che questa è la classica via da cui non è per nulla facile e soprattutto agevole tornare indietro...
Con somma sfiducia negli ancoraggi in posto, inizio una serie di disarrampicate assicurato alla corda doppia, che mi guardo bene dal sollecitare.
C'è da dire poi che siamo saliti fin qui sostanzialmente in traverso diagonale verso sinistra, motivo in più per complicare le cose in discesa...
Alla fine impieghiamo molto tempo, ma riusciamo a scendere senza lasciare troppo materiale in parete, solo una fettuccia e un anello di calata in S3.
L'ultima doppia è quella più verticale, ma cerco di disarrampicare anche qui:
Anche Simo termina le calate, tutto ok:
Sono le 14,00.
Al rifugio riusciamo a strappare un ottimo piatto di pasta.
La via, con la parte percorsa e quella che tornerò a completare, soprattutto perchè, a differenza di molti altri con cui ho parlato, ero finalmente riuscito a capirci qualcosa e ora so dove passare:
Ultima sorpresa: usciti dal rifugio poco dopo le 15,00, inizia a piovere!
Imprevisto.
La pioggia diventerà poi temporale e ci accompagnerà fino all'auto, a fondovalle, dove arriveremo alle 18,10.
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