Io e Paolino l'Alpino
Una di quelle giornate da ammazzarsi di fatica, anche se con grande soddisfazione...
L'obiettivo è la Cresta Saint Robert (5a AD+ 600 m) alla Cima Saint Robert (m 2.917), vetta prospiciente il Gelas (m 3.134), nelle Alpi Marittime.
La partenza è antesignana, prestissimo: arriviamo a San Giacomo di Entracque mentre è ancora decisamente buio; si parte alla luce delle pile frontali, visto che oggi faremo un giro molto lungo, soprattutto con grande spostamento orizzontale.
Più tardi, ecco i primi raggi di sole illuminare ed infiammare le vette rocciose dei monti; sempre un momento emozionante:
Eccoci in vista del Rifugio Soria Ellena (m 1.840), dopo 1h 30' di cammino, che intanto inizia ad animarsi di gente; alle sue spalle, il Gelas (m 3.134):
Proseguiamo, ora il sentiero sale alcuni tornanti; alla nostra sinistra possiamo vedere il Gelas in alto e, alla sua destra, la Cima Saint Robert con la lunghissima cresta che percorreremo:
Strada facendo incontriamo qualcuno cui il destino ha detto no...
Dopo alcuni tornanti e dopo aver superato un nevaio che richiede un po' di attenzione, abbandoniamo la traccia principale e svoltiamo a sinistra, lungo una vaga traccia nella pietraia, che a tratti è molto ben definita, a tratti si perde:
Mentre sgranocchiamo qualcosa, lo sguardo si posa verso la Francia e la zona di Madone de Fenetre e del Mont Ponset:
OK, si attacca: saliremo per quanto possibile in conserva protetta, essendo la via molto lunga e spesso di difficoltà non elevata.
Ogni tanto si ricongiungeremo e ci daremo il cambio davanti.
Parte Paolino, che sale il diedrino ed i primi risalti della via:
Superato il primo facile gendarme, la vista si apre sui rilievi successivi, molto invitanti:
La sequenza di torri pare infinita:
Sempre in esposizione:
Alla nostra sinistra, il Cervino, i Quattromila svizzeri ed il massiccio del Rosa, senza una nuvola:
Avanti sul filo di cresta, tra luce ed ombra:
Mentre io recupero Paolino:
Bei gendarmi da superare:
Ci avviciniamo al passo chiave della via, che dista ancora 2 o 3 tiri di corda:
Ora Paolino supera una serie di risalti e si infila in un diedro:
Torno davanti, ancora gendarmi e torrioni:
Qualche friend medio qua e là, mentre alle nostre spalle la cresta già percorsa è già bella lunga:
Placche divertenti:
Finalmente eccoci al passo chiave, inequivocabilmente contrassegnato da uno spit con cordino in piena placca:
Per proseguire su terreno ora più facile, fino alla sella seguente:
Stanchi ma felici, posiamo in cima con alle spalle la Maladecia:
e l'imponente Gelas (m 3.134), il re della zona:
Il Gelas e la sua cima bifida:
La discesa non pone problemi, percorriamo un sistema di cenge verso sud-ovest e poco dopo abbiamo perso già molta quota e possiamo vedere parte della cresta cavalcata oggi, contro il cielo:
Il Lac Mort:
Ci aspetta una lunga marcia, a tratti senza un vero e proprio sentiero, che ci condurrà nuovamente in Italia, da cui poter ri-ammirare la cresta percorsa, stavolta da nord:
Dopo aver oltrepassato il rifugio e quasi sul far della sera, alcuni amici ci dicono di tener duro, la lunga sfacchinata volge al termine:
L'obiettivo è la Cresta Saint Robert (5a AD+ 600 m) alla Cima Saint Robert (m 2.917), vetta prospiciente il Gelas (m 3.134), nelle Alpi Marittime.
La partenza è antesignana, prestissimo: arriviamo a San Giacomo di Entracque mentre è ancora decisamente buio; si parte alla luce delle pile frontali, visto che oggi faremo un giro molto lungo, soprattutto con grande spostamento orizzontale.
Più tardi, ecco i primi raggi di sole illuminare ed infiammare le vette rocciose dei monti; sempre un momento emozionante:
Eccoci in vista del Rifugio Soria Ellena (m 1.840), dopo 1h 30' di cammino, che intanto inizia ad animarsi di gente; alle sue spalle, il Gelas (m 3.134):
Proseguiamo, ora il sentiero sale alcuni tornanti; alla nostra sinistra possiamo vedere il Gelas in alto e, alla sua destra, la Cima Saint Robert con la lunghissima cresta che percorreremo:
Dopo alcuni tornanti e dopo aver superato un nevaio che richiede un po' di attenzione, abbandoniamo la traccia principale e svoltiamo a sinistra, lungo una vaga traccia nella pietraia, che a tratti è molto ben definita, a tratti si perde:
Qui facciamo la conoscenza con un grande alpinista ligure, Sergio Calvi, che ci raggiunge e col quale scambiamo qualche parola mentre saliamo insieme fino al passo, lassù:
Qui giunti (dopo 3h 30' di marcia, 2 h dal rifugio), lui prosegue per andare a reperire la via Normale al Gelas, mentre noi ci prepariamo a salire la cresta, che inizia proprio alla nostra sinistra:Mentre sgranocchiamo qualcosa, lo sguardo si posa verso la Francia e la zona di Madone de Fenetre e del Mont Ponset:
OK, si attacca: saliremo per quanto possibile in conserva protetta, essendo la via molto lunga e spesso di difficoltà non elevata.
Ogni tanto si ricongiungeremo e ci daremo il cambio davanti.
Parte Paolino, che sale il diedrino ed i primi risalti della via:
Superato il primo facile gendarme, la vista si apre sui rilievi successivi, molto invitanti:
I chiodi in posto sono pochissimi, ma giustamente le possibilità di integrare sono infinite.
Ogni tanto ci fermiamo per una bella foto nei punti più scenici:
Mi capitano da primo di cordata i tratti più impegnativi, dove mi diverto come un matto:La sequenza di torri pare infinita:
La giornata è fantastica dal punto di vista del meteo, come previsto.
Affrontiamo passaggi molto particolari, come la discesa di un torrione, piuttosto elaborata, e la conseguente risalita di quello successivo:
Ogni tanto devo rinviare, se no il socio si arrabbia e temo che in futuro non mi permetta più questo genere di progressione, in conserva, che in ambiente mi piace moltissimo.
Intanto un'altra torre è alle mie spalle:
La discendo dal lato opposto, mentre Paolino mi segue: da dove si trova, dovrà ancora cavalcare il filo di spigolo e poi disarrampicare con facili passaggi sulla destra, fino alla sella quaggiù:
Avanti un'altra:Sempre in esposizione:
Alla nostra sinistra, il Cervino, i Quattromila svizzeri ed il massiccio del Rosa, senza una nuvola:
Avanti sul filo di cresta, tra luce ed ombra:
Fino ad un pulpito, da dove la cosa si fa impegnativa: mi innalzo leggermente sulla sinistra, verso il filo dello spigolo:
Poi riguadagno il centro della placca; stavolta forse un chiodino ci stava bene... fortunatamente trovo un ottimo spuntone per fettuccia, anche se piuttosto in alto, poi proseguo:
Un altro cordino e via, sono fuori:
La via prosegue indisturbata:Mentre io recupero Paolino:
Bei gendarmi da superare:
Sempre sul filo (in effetti, la relazione della via non serve...):
Il socio mi raggiunge:
Poi ci diamo il cambio, avanti l'Alpino:Ci avviciniamo al passo chiave della via, che dista ancora 2 o 3 tiri di corda:
Ora Paolino supera una serie di risalti e si infila in un diedro:
da cui esce sulla destra, per poi salire un'altra paretina:
che ci conduce all'ennesima sella, sospesi tra terra e cielo:Torno davanti, ancora gendarmi e torrioni:
Bei passaggi:
Alla nostra sinistra, ma quasi alle spalle, insomma verso nord, la Punta Maladecia (m 2.745) e, più lontano, il Monviso (m 3.841):
La roccia, lo gneiss delle Marittime, si fa ora più rossastra: affronto i risalti che seguono:Qualche friend medio qua e là, mentre alle nostre spalle la cresta già percorsa è già bella lunga:
Placche divertenti:
Finalmente eccoci al passo chiave, inequivocabilmente contrassegnato da uno spit con cordino in piena placca:
Prima affronto una placca:
ed una paretina esposta:
Poi supero con decisione il passaggio, in placca:Per proseguire su terreno ora più facile, fino alla sella seguente:
Mentre recupero Paolino, posso ammirare il castello terminale della montagna: la vetta è vicina!
Pochi minuti dopo percorro le facili rocce rotte che precedono la vetta, dove mi raggiunge il compagno:Stanchi ma felici, posiamo in cima con alle spalle la Maladecia:
e l'imponente Gelas (m 3.134), il re della zona:
La lunghissima cresta percorsa:
Ancora il panorama, splendido e quasi privo di nuvole:Il Gelas e la sua cima bifida:
La discesa non pone problemi, percorriamo un sistema di cenge verso sud-ovest e poco dopo abbiamo perso già molta quota e possiamo vedere parte della cresta cavalcata oggi, contro il cielo:
Il Lac Mort:
Ci aspetta una lunga marcia, a tratti senza un vero e proprio sentiero, che ci condurrà nuovamente in Italia, da cui poter ri-ammirare la cresta percorsa, stavolta da nord:
Dopo aver oltrepassato il rifugio e quasi sul far della sera, alcuni amici ci dicono di tener duro, la lunga sfacchinata volge al termine:
Torniamo all'auto dopo oltre 15 ore di galoppate... per oggi basta così...
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