domenica 28 luglio 2013

PUNTA SELLA (m 3.443): Via Manera-Fulgenzi

Sabato e Domenica 27-28 luglio 2013

Io e Bruno

Una via magnifica, niente da aggiungere... un capolavoro firmato da Ugo Manera (Pan e Pera) e Piero Fulgenzi, che hanno effettuato la prima salita addirittura in inverno, nel gennaio del 1968!
Io e Bruno ci muoviamo nella bella stagione e saremo molto contenti se riusciremo nella salita senza intoppi, raggiungendo la vetta di Punta Sella (m 3.443), cima secondaria del Monviso (m 3.841).
Monviso su cui purtroppo proprio oggi, sabato 27 luglio, viene ritrovato il corpo della prima vittima stagionale... lungo la via Normale, che quest'anno risulta particolarmente insidiosa a causa della molta neve ancora presente al di sopra dei Tremila metri.
Stamattina io ero addirittura ad Alassio: ebbene sì, al mare!
Partito e tornato a casa prima di mezzogiorno, eccomi qua alle 14,30 a Saluzzo, dove ho appuntamento con Bruno.
All'ultimo momento abbiamo trovato posto al Rifugio Quintino Sella (m 2.640), anche se non si sa ancora se dormiremo nella dépendance in lamiera oppure nel rifugio vero e proprio. L'importante è evitare di portrci in spalla sacco a pelo e materassino.
Gli zaini sono pesantissimi: oltre alla normale attrezzatura, le ultime informazioni ci impongono di portarci dietro sia i ramponi, sia la piccozza.
Verso le 16,00 paghiamo il parcheggio (8 €) e lasciamo il Pian del Re (m 2.020) alla volta del Rifugio Sella; un paio di ore più tardi raggiungiamo il Colle di Viso e ci affacciamo sul Lago Grande di Viso e, a sinistra nella nebbia, sul Rifugio Sella (m 2.640):
Incredibile, siamo a fine luglio ed è ancora mezzo ghiacciato!
Volgiamo subito lo sguardo a destra, in alto, verso l'attacco della via Manera-Fulgenzi (5c   TD-   16L   650 m), nostro obiettivo, e ci pare molto molto in alto...
Occorre risalire tutto il conoide detritico e poi innevato fino all'attacco della Cresta Est del Monviso, quindi proseguire lungo quella che è la parte bassa del Canale Barracco, fino a mettere le mani sulla prua rocciosa che sta sopra, alla confluenza con il canale detritico che costeggia la Est del Viso:
Poco dopo siamo al rifugio, dove ancora non sanno dove sistemarci,a seconda di quante persone arriveranno, tra quanti hanno prenotato: anche qui il fenomeno dell'overbooking sembra farla da padrone:
Sistemiamo la nostra pesante e voluminosa roba nel cosiddetto "essiccatoio" ed aspettiamo la cena, che consumeremo con gusto, abbondante e piuttosto appetitosa.
Poi, finalmente abbiamo due letti vicini nella camerata del terzo piano ed andiamo a coricarci, verso le 21,30.
Dopo i soliti commenti, ci addormentiamo puntando la sveglia alle 4,00.
La via è lunga, occorre partire presto: arriveranno le nuvole di calore, domani lo zero termico è previsto a 4.500 m; in più, stasera abbiamo assistito ad una colata di detriti sul canale nevoso che dovremo attaversare: insomma, meglio partire con le prime luci.
Partiremo insomma insieme a chi sale il Monviso, anche se quest'anno sono veramente pochissimi, a causa delle condizioni di eccezionale innevamento che ancora interessano tutte le Alpi.
Alle 4,00 scendiamo, troviamo i nostri thermos col nome indicato, facciamo una buona colazione ed alle 4,30 siamo pronti a partire.
E' ancora buio, ma il cielo è stellato e la temperatura già relativamente alta.
Per tentare di alleggerire un po' lo zaino e per contenere i volumi, non ho preso il pile pesante ed ho optato per scarponcini leggeri anziché i pesanti scarponi: anche gli scarponcini sono ramponabili.
Lasciamo il rifugio alla luce delle pile frontali e circumnavighiamo il lago, poi andiamo alla vana ricerca di tracce ed ometti lungo il conoide detritico, dopo la pietraia in basso.
Raggiungiamo la neve, calziamo i ramponi e procediamo con la piccozza in mano; la pendenza arriva a 45° ed è ancora buio pesto:
Inizia ad albeggiare quando finalmente raggiungiamo la base della parete; alle nostre spalle il Lago Grande col rifugio; a sinistra lo sperone da cui inizia la Cresta Est del Viso:
La parete, che raggiungiamo superando agevolmente la crepaccia terminale, si presenta nella prima parte già piuttosto verticale, ma molto articolata; la relazione parla di L0 da percorrere con difficoltà di II e III grado:
Sono le 5,45.
Saliamo slegati la prima parte di parete, alla ricerca dei due spit di sosta che dovrebbero segnalare l'inizio ufficiale della via:
Sono davanti e, quando raggiungo il terrazzino che logica vorrebbe essere quello giusto, ecco che individuo gli spit di sosta:
Sono le 6,00 quando attacchiamo la via, il cielo è sereno, anche se dalla pianura già stanno salendo lontane le nebbie e le nuvole di calore.
Ci leghiamo, attacco io.
Il primo tiro (IV+) propone subito in partenza una fessura verticale, da salire in parte in dulfer, in parte in opposizione:
Alle nostre spalle, il rifugio, il lago e le nebbie che già stanno salendo, incredibile a quest'ora del mattino:
La seconda parte della fessura, dove la parete si fa meno ostica; traverso leggermente a destra, poi seguo una seconda fessura meno marcata:

Una serie di placche più facili ed articolate mi conduce ai due spit di sosta, che collego prima di far salire Bruno:
Tutte le soste presentano come detto due spit, ciascuno con un maillon rapide, in modo da poter eventualmente ripiegare in doppia senza abbandonare materiale.
Alla nostra destra, intanto, i tre ragazzi che hanno attaccato la Cresta Est e che ci precedevano sul conoide; in secondo piano, il Viso Mozzo (m 3.019):
Ci alterniamo al comando; Bruno sale verso sinistra, supera un diedrino verticale più ostico di quanto non sembri da sotto (V-), rinvia un provvidenziale chiodo, poi si ristabilisce sulla lunga cengia orizzontale che taglia l'intera parete, traversando per una ventina di metri:
Scala quindi la parete lungo il filo di spigolo, con bei passaggi aerei, ma senza grandi difficoltà tecniche:
Non ci sono chiodi, ma c'è modo di proteggersi con una buona fettuccia su spuntone.
Intanto il sole è arrivato ad incendiare la parete, che si accende di un colore rosso spettacolare:
A sinistra, la luna cede il passo:
Sbuco dallo spigolo ed emergo su un ampio terrazzo: Bruno è in sosta dove ricomincia la cresta:
La tera lunghezza (III) è facile, ma sempre divertente: scalo in velocità la lunga (55 m) cresta rocciosa, sempre sul filo, andando a sostare sui soliti due spit da collegare sotto una placca verticale.
Bruno mi segue e risale l'ultimo risalto prima della sosta, con il Lago Grande di Viso alle spalle, sormontato dal rifugio:
La quarta lunghezza (V) è a dir poco magnifica: Bruno sale la placca sopra la sosta e si impegna nel superamento di una fessura, in dulfer:
Dopo un provvidenziale spit, scala la bella placca lavorata ed affronta un camino verticale, che ci conduce ad un terrazzino di sosta:
Salgo il quinto tiro (V): prima esco facilmente da un risalto, dove incontro una sosta a spit: strano... evidentemente era questa la S4, ma non capisco come mai ci siano quegli altri due spit più in basso...
Mi trovo di fronte quello che la relazione descrive come il diedro a sinistra della sosta, con roccia mediocre: secondo me è uno dei tratti critici della salita, soprattutto a causa del fatto che non vi sono protezioni e non riesco a metter giù nulla, nemmeno quando ho più di 10 metri sotto i piedi...
Riesco ad uscirne, facendo ricorso a una buona dose di sangue freddo, quindi riguadagno lo spigolo e, dopo un terrazzino di ristabilimento, salgo una paretina solcata da una fessura, che mi conduce alla base di un diedro verticale:
Bruno mi raggiunge in sosta, quando i nevai alla base della parete sono già molto lontani:
Bene, la giornata si mantiene radiosa.
Bruno affronta con decisione il diedro-camino, prima sfruttando la parete a sinistra in appoggio:
quindi traversando al centro della parete, lungo la placca solcata da una fessura provvidenziale:
Il camino si restringe nuovamente e occorre salire la parete di sinistra, con un paio di passaggi in opposizione ben protetti da uno dei rarissimi spit presenti in via:
Finalmente, dopo una splendida cavalcata di 50 m, ecco la sosta su un logico terrazzino.
Scalo il tiro ed eccomi all'uscita dall'ultima placca, prima del risalto finale:
La via è molto poco attrezzata, ma fortunatamente abbiamo una buonissima relazione da seguire, molto dettagliata e precisa.
La settima lunghezza (IV) sembra debba impegnarmi, in quanto alla nostra destra incontro un muretto verticale con un passo atletico in uscita:
In realtà è solo un breve passo, poi la parete si abbatte e risalgo una lunga serie di risalti e di rocce instabili: siamo in cima al torrione: ora dobbiamo discenderlo e traversare per raggiungere la parete che prosegue di fronte a noi:
La parete che ci aspetta:
Dopo averne raggiunto la base, traversiamo a sinistra per circa 40 m, su terreno un po' instabile: facile ma esposto.
Al termine della traversata, fatta con anelli di corda al collo, ci volgiamo indietro a guardare il torrione da cui proveniamo:
L'ottavo tiro (IV) tocca a Bruno: attacca un diedro-rampa, dapprima poco marcato, che più in alto diviene un diedro marcato e verticale; questo è uno dei tratti in cui possono sorgere dubbi sulla via da seguire, in quanto non vi è alcuna attrezzatura in loco e la via pare perdersi in alto, con passaggi verticali da cui non si torna più indietro...
Bruno non si perde d'animo e prosegue diritto, fino a incontrare l'agognata sosta.
Lo raggiungo e proseguo lungo una placca verticale delicata (IV+), da cui esco a destra, dove per rocce più appoggiate reperisco la nona sosta, su un aereo terrazzino in corrispondenza della quinta formata da un gendarme staccato:
Bruno mi raggiunge, in esposizione:
Ora respiriamo davvero questa via selvaggia e poco percorsa, in un angolo remoto e grandioso di Monviso.
Tra gli sbuffi di nebbia ecco spuntare la vetta della Punta Barracco (m 3.237), di fronte a noi, quasi alla nostra altezza:
Avanti, è ora di proseguire, prima che salga la nebbia o il tempo si guasti. Ci aspetta il decimo tiro (IV+): Bruno traversa a destra oltre lo spigolo su una piccola cengia, poi affronta il muro verticale che segue, molto esposto e divertente, fino ad un tettino, che aggiriamo a destra per attaccare lo spigolo soprastante:
Il muro verticale, visto da sopra:
Lo spigolo finale, con Bruno che ha individuato la sosta lassù, chissà come:
Salgo a mia volta, l'immagine rende l'idea della grandiosità dell'ambiente in cui siamo immersi:
L'undicesimo tiro (IV) tocca a me e me lo godo tutto:
Un lungo diedro-camino di 20 m su roccia ottima:
visto dall'alto:
cui segue una divertente placca, con buoni appigli, senza difficoltà eccessive:
Alla piccola sella che segue trovo uno spit di sosta, dove poco dopo mi raggiunge Bruno:
Ora ci aspetta un trasferimento: cambiamo le scarpe, affrontiamo il piccolo salto di roccia sopra la sosta:

per poi proseguire per 70/80 m su rocce rotte in diagonale verso destra, puntando al risalto finale della parete, fino ad una ampia sella detritica, in corrispondenza di un evidente diedro/camino:
E' proprio qui, sotto il castello sommitale, che ritrovo ciò che resta della madonnina di vetta, scaraventata quaggiù da vento e fulmini:
Ora le condizioni sono cambiate, frattanto: alla sella in cui siamo tira un vento gelido e fortissimo: indosso tutto quel che ho nello zaino, poi vogliamo lo sguardo al tiro successivo, il 12-esimo (V):
Bruno attacca il diedro-camino, che per la verità raggiunge dopo qualche metro percorso sulla placca a sinistra, quindi esce a destra, riguadagnando il filo dello spigolo e portandosi in sosta, esposto ai quattro venti:
Avanti, ci alterniamo senza sosta: anche se siamo molto avanti sulla tabella di marcia, non possiamo permetterci perdite di tempo, potremmo sempre pentircene...
Il 13-esimo tiro (V) è magnifico, tanto vario quanto impegnativo:
dopo la placca iniziale, che non pone problemi, in leggero diagonale verso destra, mi porto alla base del verticale diedro-camino che segue:
Salgo il camino, chiodato con estrema parsimonia e non facilmente integrabile: trovo solo un chiodo, per il resto diciamo che stringo le chiappe e vado...
Raggiungo l'aerea sosta posta su un terrazzino a destra e da lì recupero Bruno:


Ormai ci siamo, mancano solo un paio di tiri e splende il sole!
Il 14-esimo tiro (IV+) vede Bruno salire le facili placche che ci sormontano, poi si infila in un diedro da cui uscire con un passo delicato, quindi dopo un po' di ricerca trova la sosta:
A me l'onore di chiudere le danze di questa via eccezionale e mitica e di raggiungerne la vetta: salgo il 15-esimo tiro (IV), superando un breve strapiombo con un singolo passo di forza, quindi percorro la facile cresta sommitale verso sinistra, fino alla croce di vetta:
Poco dopo, Bruno percorre a sua volta la crestina finale, sospeso tra le nuvole:
La vista sul versante sud-est del Monviso (m 3.841) è a dir poco grandiosa, con il Dado di Vallanta sulla sinistra, dove purtroppo proprio oggi scopriremo essere successo un incidente a due alpinisti sulla via Vallantetic:
In posa in cima, al posto della madonnina di vetta... volata via:
La vista verso sud-est, nel Vallone delle Forciolline che percorreremo in discesa:
Foto ricordo:
Uno sguardo verso il Lago Grande di Viso ed il lontano rifugio da cui siamo partiti stamattina (stanotte...):
La discesa non sarà molto simpatica: scendiamo verso nord-ovest per facili passaggi su roccia:
Dal colletto, raggiunto con qualche passo delicato su lastre di ghiaccio instabile, scendiamo praticamente infilati nella terminale, tra neve e roccia, poi traversiamo a destra e scendiamo sfasciumi ancora peggiori, resi praticamente fluidi e mobili dall'inzuppamento dell'acqua di fusione che arriva da ogni dove...
Ci tocca pure una doccia con l'acqua che scende da uno strapiombo...
Infine, guadagniamo il Ghiacciaio Sella e possiamo riguardare l'ultima parte della discesa, con la vetta lassù, già lontana:
Ora, sul nevaio, il caldo è incredibile...
Così come incredibile è il grado di innevamento della zona a fine luglio: una cosa mai vista!
La discesa a piedi è eterna: oltrepassiamo il Bivacco Andreotti (danneggiato dalla caduta di un masso qualche mese fa), scendiamo le morene che conducono al Vallone delle Forciolline, con la vetta dietro di noi:
Risaliamo poi faticolsamente fino al Passo delle Sagnette, continuando a volgerci verso la "nostra" cima:
Fino all'ultima volta: tra poco sparirà alla vista, mentre andiamo a reperire la ferrata che conduce giù in vista del Rifugio Sella:
Tornati all'auto, esausti ma felici, ci aspetta ancora una disavventura: Bruno rimarrà a piedi con l'auto, senza gasolio... ma questi problemi sono facilmente risolvibili!
Alle prossime avventure...

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