Domenica 9 agosto 2009
Io
Stavolta il sabato ho seguito il canovaccio dell'italiano medio, mi sono fatto rapire dalle consuetudini del recinto sociale e... ho tagliato l'erba in giardino!
Ma è solo pre-tattica: domenica mattina infatti scatta il blitz, sveglia alle 5,10 e via verso i monti!
In questi giorni, incredibilmente va profilandosi la possibilità di non avere compagni: aspettiamo tutto l'anno i (pochi) week-end buoni per le salite più belle in alta montagna, a luglio e agosto, poi... chi per un motivo, chi per l'altro spariscono...
Manu si è fatto imbrigliare per tutta l'estate con la casa ed il matrimonio del prossimo anno, Paolino antepone incomprensibilmente le gioie del sesso alle arrampicate :-), Livio si mette a lavorare pure la domenica mentre in città non c'è nessuno e Wil riesce ad infortunarsi alla caviglia facendo una corsetta di allenamento il giovedì sera...
Se devo essere sincero, tuttavia, l'idea di una scalata solitaria mi accarezza da tempo, così come da tempo sono ammaliato dalle forme del Pic d'Asti (m 3.219), che troneggia sulla Val Varaita con la sua piramide perfetta, seconda solo a sua maestà il Cervino.
OK, ci siamo allora: alle 7,00 sto risalendo i tornanti verso il Colle dell'Agnello (m 2.744).
La giornata è splendida: alle mie spalle, la Tour Real (m 2.877), altra meta cui avevo pensato.
Di fronte a me, il profilo delle tre cime che racchiudono la valle: il Pain de Sucre (m 3.208), la Rocca Rossa (m 3.185) ed il Pic d'Asti (m 3.219):
Alle 7,30 parcheggio poco prima del colle, a quota 2.580 m, mentre il sole comincia ad inondare le pareti rocciose ed i prati circostanti:
Imbocco il sentiero alle 7,45, già imbragato, visto che lo zaino è già abbastanza pesante così, soprattutto a causa di martello e chiodi e della mezza corda da 60 m che porto con me per la discesa dalla vetta.
Fa freschino, 7°C, ma appena il sole spunta la musica cambia e sono già in maglietta.
Guadagno metri di dislivello e mi volto a lasciare uno sguardo alla mia auto posteggiata vicino al laghetto:
Ben presto il sentiero va a morire nella pietraia immensa che mi condurrà fino al Col d'Asti (m 3.123), visibile a destra della montagna e del Torrione Gina:
Almeno c'è il pregio di avere sempre l'obiettivo visibile, punto dritto alla bellissima montagna piramidale:
Alle mie spalle, la forma slanciata di Roc de la Niera (m 3.177), salita due settimane fa insieme alla Rocca Bianca (m 3.064), visibile alla sua destra:
Mi avvicino sempre di più, ora la pietraia è meno ripida:
La bastionata rocciosa alla mia sinistra risveglia le voglie dell'arrampicatore:
Non c'è un filo di vento, sto salendo bene, tranquillo ma deciso:
In meno di un'ora sono in vista del colle, sotto il Torrione Gina; sono colpito dalla solidità della parete sud del Pic d'Asti, alla sua base il nevaio non denuncia la caduta di alcun sasso...
Alle 8,50 sono al colle: in primo piano il torrione, più indietro si delinea la Cresta Sud-Est (3c PD+ 100 m), la via che intendo salire in solitaria.
Mi porto sul versante francese, lascio i bastoncini telescopici sotto una roccia e studio la via, sgranocchiando qualcosa.
Devo ammettere che la cresta è più ripida di quanto sperassi...
Da qui è già visibile la croce di vetta, bianca.
Non c'è nessuno in giro.
La via è segnalata da tracce di vernice verde ed è attrezzata con chiodi e qualche cavo metallico.
Porto la corda nello zaino, per la discesa o per un eventuale dietro-front.
Vista sul lato francese: a sinistra la Rocca Rossa (m 3.185), con lo spigolo sinistro evidente lungo cui corre la via Pepito, a destra la Crete de la Taillante (m 3.197), con la sua lunga cresta sommitale:
Decido di salire, seguendo il criterio che del resto adotto sempre, che sia legato in cordata oppure no: salire solo fino a quando sono sicuro di poter scendere.
Percorro i primi passi, esposti ma non difficili: trovo chiodi con anelli e maillon con cui eventualmente assicurarsi oppure scendere in doppia.
Avanzo tranquillo, molto concentrato come sempre, verificando attentamente ogni presa ed ogni appoggio, prima di caricarli.
Continuo senza problemi ed in circa 30' spunto di fronte alla croce di vetta: la cima è un pulpito spettacolare!
Una vera punta, angusta e panoramica.
Non c'è vento, si sta benissimo.
Sulla cima del Pain de Sucre (m 3.208) c'è la solita folla di escursionisti, mentre io sono solo, nel silenzio tipico dell'alta quota.
Sono le 9,30.
Il sole è splendido, ma vedo che, anche a causa della pioggia caduta in nottata, si stanno alzando vapori e nebbioline, per cui decido di scendere quasi subito.
Estraggo la corda dallo zaino, la lego in spalla per averla più comoda e pronta all'uso, poi, mentre inizio la discesa, vedo un ragazzo che sale gli ultimi risalti, fino in cima.
Anche lui è solo.
Ci presentiamo, facciamo due chiacchiere, poi scendiamo.
Scendo una trentina di metri, poi, ad un passo particolarmente esposto e verticale, seppur appigliato, decido di attrezzare una calata in corda doppia.
L'ancoraggio è un solido chiodo con anello, ma, anche per divertirmi ancora un po', decido di disarrampicare, senza caricare l'ancoraggio cui sono comunque assicurato.
Scendo accompagnando il nodo machard con la mano, per 30 metri.
Chiedo al mio nuovo amico se vuole servirsi della mia corda, ma lui mi risponde dall'alto che non ha né imbrago, né discensore o moschettoni...
Lo seguo con lo sguardo e lascio che mi superi in discesa e che si allontani un po' lungo la cresta, prima di recuperare la corda, operazione che potrebbe causare la caduta di qualche pietra.
La corda scorre bene, la ritiro e proseguo la discesa senza problemi.
Tornato al Col d'Asti, mi riposo ed azzanno un panino e la Coca, godendomi l'ambiente in cui sono immerso.
Alle 11,00 inizio a scendere lungo la pietraia e poco più di mezz'ora dopo sono già alla mia auto.
Pochi minuti prima faccio un incontro che mi lascia un po' perplesso: un ragazzo con una corda ed una bella ragazza vestita di rosa, qualche passo indietro. Lui sta consultando la guida della zona e cerca la via Pepito, ma gli faccio notare che... ha sbagliato vallone!
Inoltre, stanno salendo da pochi minuti e sono già le 11,30...
Auguro loro la miglior fortuna, ma l'approccio mi sembra poco alpinistico...
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