domenica 31 agosto 2014

TESTA GIAS dei LAGHI (m 2.739): Sperone Sud-Ovest (Ghibaudo-Giraudo) in solo

Domenica 31 agosto 2014
Io

Uscita veloce veloce, mattutina, nonostante abbia dormito solo 3 ore e mezza...
Infatti ieri sera la festa di matrimonio mi ha mandato a nanna alle 2,00 di notte e stamattina la sveglia impietosa mi ha riportato alla realtà alle 5,30!
Ok, avrei potuto partire più tardi, ma o così, o niente: la mogliettina mi vuole a casa la domenica, quindi l'unica soluzione è fuggire di soppiatto mentre tutto tace in casa e tornare per pranzo...
Alla fine il folle programma avrà successo, per il benessere dell'atmosfera famigliare: la dura vita dello scalatore!
Insomma, partenza poco dopo le 6,00, con Gian in ritardo di 5 minuti; faccio rotta verso il Colle della Lombarda; parcheggio poco prima, sono le 7,50.
Il meteo è splendido, la valle è ancora in ombra e ci sono 8°C.
Gian si farà un giretto in zona, mentre io andrò a scalare lo Sperone Sud-Ovest della Testa Gias dei Laghi (m 2.739), lungo la via Ghibaudo-Giraudo (V-   D   5L   230 m) in solitaria.
Dal parcheggio, la parete ovest della montagna è quella triangolare al centro della foto, sullo sfondo:
Dopo una decina di minuti Gian mi saluta e resto solo; proseguo lungo la traccia e pochi minuti dopo sono all'attacco della cresta del Monte Aver che ho salito tempo fa, sempre da solo:
Dopo una mezzoretta (dall'auto) eccomi al colle di fronte alla parete ovest della Testa Gias dei Laghi, da dove posso vedere bene la "mia":
Scendo e raggiungo la pietraia, imbosco i bastoncini telescopici, quindi mi inerpico veloce lungo il conoide detritico alla base della parete.
Autoscatto all'attacco della via, quando sono le 9,00:
Il primo tiro (III) presenta belle placche chiare appoggiate ed articolate lungo la faccia sinistra dell'enorme diedro che solca tutta la parete:
Ho con me l'imbrago, una mezza corda da 60 m, ma niente martello e chiodi, vista la recente richiodatura della via, con le soste a catena e 3-4 spit per tiro.
La roccia è ottima e poco dopo sono già sotto l'invito a destra, verso la cengia del secondo tiro:
Strada facendo mi imbatto in un vecchio chiodo (la via è del 1972):
Uno sguardo alla parete che mi sovrasta:
Traverso decisamente a destra, per portarmi fuori dal diedrone iniziale; all'uscita incontro questa sosta a chiodi, che secondo me sarebbe giusto utilizzare (se legati in cordata...), per evitare tiraggi di corda e assicurare per bene il secondo:
Proseguo salendo in diagonale a destra, in un misto di cengia erbosa e qualche passaggio su roccia; cerco di tenermi il più possibile su roccia (verificandola per bene...), anche perchè l'erba è bagnata e le scarpette da arrampicata non sono il massimo della vita sul bagnato:
Per di più sono slegato, quindi una scivolata da qui non sarebbe affatto raccomandabile...
Dopo circa 30 m raggiungo finalmente la base dello sperone sud-ovest vero e proprio; pochi metri più in alto si vede la nuova sosta a spit:
Inizio a salire le placche articolate del terzo tiro (IV+), tastando con attenzione la roccia, che però è decisamente sana:
Salgo per oltre 50 m, con arrampicata molto divertente, su muri, tacche e placche, incontrando 3 o 4 spit, che mi garantiscono di essere sulla via giusta, per quanto la linea sia molto logica e facile da tenere:
Per ora decido di tenere la corda nello zaino e salgo questo bellissimo tiro, già con la testa all'insù per vedere se riesco a scorgere qualcosa del camino verticale che caratterizzerà l'ultima lunghezza:
Verso le 9,30 mi giungono all'orecchio i rintocchi delle campane del santuario dalla parte opposta della valle; continuo a salire e raggiungo la sosta S3, anche questa nuova con catena e anello di calata.
Mi fermo un attimo, assicurandomi con la longe, per leggere la relazione e guardarmi un po' attorno:
La quarta lunghezza (IV) prosegue lungo risalti e placche, avvicinandosi man mano al filo dello sperone, alla mia sinistra:
Ormai sono al sole e si sta benissimo.
Quando raggiungo la cresta, lo sguardo è catturato dal santuario nell'omonimo Vallone di Sant'Anna, con la sua attività ed il via-vai di pellegrini, chi a piedi, chi in auto:
Frattanto la sosta, la penultima, è qua vicino ed è meglio tornare con la testa ben centrata su quel che sto facendo, vista l'esposizione totale:
Qui incontro uno dei due passi più delicati della via: un muro verticale da superare con un traversino a destra di due passi, fino a prendere una fessura che aiuta a salirlo a destra, in piena esposizione (IV+):
Poco dopo sono alla forcella, da cui una splendida placca mi suggerisce la via da seguire:
Uno sguardo al di sotto, con la punta del pilastro scalato poco fa, separato dalla sella dalla parete che sto salendo ora:
Proseguo ora verso l'alto lungo un pilastro, una stretta placconata che in pratica costituisce la faccia sinistra di un diedro:
Più in alto, il diedro si restringe fino a divenire un incassato camino verticale (V-):
Qui mi aiuto nel passo chiave assicurandomi per un momento allo spit con la longe, tanto per studiare un attimo il passo.
In effetti una lama che potrebbe essere risolutiva per uscire in fuori e ribaltarsi al di sopra dell'ostacolo, leggermente verso sinistra in uscita, si muove di brutto e non posso certo tirarla rischiando di finire laggiù:
Con una spaccata  sinistra mi affido ad un'altra presa, meno agevole ma più affidabile, esco in fuori e mi ristabilisco a sinistra, nuovamente sul filo del pilastro che ormai è sempre più esile, quasi una cresta.
La cima ora però è vicina:
Un ultimo passo strapiombante mi permette di uscire sulla cresta sommitale, evitando ancor una volta di tirare la grande scaglia visibile in foto un paio di metri più sotto:
La via è finita, ora sono al sicuro sulla cresta ed ecco i due spit per allestire la sosta finale e recuperare il compagno (per chi ce l'ha...):
La cresta che conduce in vetta mi sembra addirittura pianeggiante, dopo essere uscito da una via rivelatasi molto divertente, ma più verticale ed esposta del previsto, per la verità:
Sono le 10,40 quando mi metto in posa per l'autoscatto di vetta:
Si sta benissimo, temperatura piacevole e vista spaziale in ogni direzione.
La valle opposta, con il santuario di Sant'Anna di Vinadio:
La prospiciente Punta Maladecia (2.745):
Rocca La Meja (m 2.831):
Il Re di Pietra, il Monviso (m 3.841):
Mangio qualcosa e, dopo le foto, calzo nuovamente gli scarponcini ed alle 11,00 inizio la discesa lungo il facile versante sud, detritico:
Pochi minuti dopo sono già poco distante dal Colle dell'Aver:
Alla mia sinistra, il Lago Soprano dell'Aver:
Scendendo lungo il canalone che mi riporta alla base della parete, posso ammirare di fronte a me lo sperone appena scalato:
La parete vista dal colle di fronte, ora in pieno sole:
La via salita (immagine da www.cuneoclimbing.it):
In soli 50' dalla vetta ho raggiunto l'auto, dove ritrovo Gian già pronto a partire.
Una telefonata a casa e via, veloce verso il rispetto dei patti: alle 13,40 sono a casa, per pranzo!

giovedì 21 agosto 2014

TETE du PELVAS (m 2.929): Arete des Gendarmes

Giovedì 21 agosto 2014
Io e Paolino l'Alpino

Le vacanze volgono al termine ed in più temo di avere una bella influenza intestinale... ma in questa stagione così anomala e sfortunata dal punto di vista meteo, non posso rinunciare ad una bella uscita con bel sole, finalmente!
Per di più, ne uscirà una scalata bellissima, una via sorprendentemente divertente e consigliabile.
Sia io che l'Alpino dobbiamo essere di ritorno a casa entro le 18,45; ciò nonostante, optiamo per l'Arete des Gendarmes (5b   D   14L   450 m) alla Tete du Pelvas (m 2.929), nel Queyras.
ViaMichelin me la dà addirittura per oltre 3 ore di auto... Proviamoci lo stesso!
Partenza alle 4,15, guido io.
Al Colle dell'Agnello il termometro segna 1,5°C e scendendo lato francese si porta a lungo sullo 0°C.
Ormai le giornate si sono accorciate, così mi tocca quasi tutto il viaggio al buio; nella valle dopo Chateau-Queyras troviamo nebbia e nuvole basse, che non aiutano il morale.
Il mio intestino non è affatto in ordine, ma tengo duro...
Giungiamo a Valpreveyre, dove posteggio e dove finisce la strada: sono le 6,30.
Dobbiamo attraversare il torrente e seguire il sentiero verso il Col d'Urine, che la palina indica per 2h 30' di marcia:
Ci prepariamo e partiamo; fa freddo, anche perchè la valle è ancora totalmente in ombra.
Alle 6,55 siamo in cammino: il sentiero sale subito deciso tra i boschi e per una mezzoretta sbuffiamo lungo pendenze considerevoli e costanti, fino a uscire su un ampio pianoro erboso, chiuso in fondo dalla nostra montagna:
Cammino davanti, sfruttando l'effetto RedBull che ho bevuto al parcheggio per tirarmi su, dato che non mangio nulla da ieri sera, per timore di problemi intestinali legati al virus...
Fortunatamente vado abbastanza bene, al punto che raggiungiamo il colle dopo solo 1h 40'.
Incontriamo due italiani saliti dalla Val Pellice; subito dopo Paolino fa l'unica cosa che gli viene in mente di fare al... Col d'Urine:
Ora dobbiamo scendere lato italiano, verso est, per circa 30 m, recita la relazione, e traversare a lungo verso sud, fino al Col du Pelvas, da cui partirà la nostra via.
Iniziamo a traversare e raggiungiamo presto una zona sconfinata di enormi blocchi accatastati; più avanti, forse sbagliando, saliamo un po' e la pietraia diventa un odioso detrito in pendenza, da tagliare a mezzacosta...
Dopo circa mezz'ora di fatica, durante la quale abbiamo visto due francesi seguirci, traversare molto più in basso e soprattutto molto più rapidamente di noi, eccoci in vista del colle, con il Monviso (m 3.841) in bella mostra:
Io già mi lamento: possibile che sui siti italiani non sia nemmeno menzionata questa cresta e proprio oggi, proprio adesso debbano arrivare questi due a fregarci la via???
Chi mi conosce sa che per me l'ideale è scalare in alta quota in assenza totale di anima viva...
Ma tant'è... del resto loro potrebbero benissimo pensare la stessa cosa di noi!
Come spesso accade, peraltro, la cordata che ci precede impiega una vita ad attaccare, sembra proprio che ci aspetti lì... così dobbiamo attendere una ventina di minuti prima che io inizi a posar le mani sulla via:
Splende un magnifico sole, finalmente.
La cresta attacca subito con un bellissimo torrione, di cui salgo il diedro sulla destra:
Per poi traversare a sinistra, rinviare il primo spit della via e proseguire lungo un paio di paretine, fino ad un comodo punto di sosta dove recuperare il socio:
Ho ancora materiale, così proseguo in testa, superando un breve strapiombo stranamente dotato di corda fissa... raggiunta la base di una bella parete verticale, mi fermo:
Paolino mi raggiunge e passa avanti: bellissima parete da superare lungo un'estetica fessura (5b), ben protetta a chiodi:
L'uscita è in placca, molto divertente; tocca a me:


Il Monviso alle mie spalle, mentre raggiungo il compagno sul comodo terrazzo di sosta:
Paolino prosegue lungo un tratto facile, un po' rotto; ci avviciniamo alla parte-clou della giornata, il torrione lassù:
Eccomi inquadrato da Paolino, mentre in Italia salgono già le nebbie noi siamo beatamente al sole:
Ed eccoci al tiro chiave della via (5b), che fortunatamente tocca a me.
Prima una serie di splendide placche granitiche, che proteggo con un friend medio:
Poi, dopo aver aiutato in tutti i modi la ragazza francese della cordata che ci precede a superare l'ostacolo, supero un bombé, portandomi verso destra:
Salgo qualche metro, poi traverso a destra per raggiungere il filo di cresta:
Una spaccata decisa, in esposizione:
Un buon chiodo protegge il passo ed uno spit in uscita completa l'opera:
Salgo poi rapidamente la placca verticale che segue e l'aereo ed affilato spigolo che conduce in sosta:
Paolino mi raggiunge poco dopo:
Il mio nido d'aquila, la sosta da cui lo assicuro:
Nuovo cambio, vado avanti attaccando un bel muro, non protetto ma non difficile:

Raggiungo la cima del torrione successivo, dopo bei passaggi sempre vari e su roccia ottima:
Un tratto facile:
Il bellissimo Bric Bucié, dal lato opposto della valle:
Ed eccoci alla calata in doppia letta sulla relazione; l'ancoraggio non è magnifico, ma dovrebbe tenere:
Scendo prima io:
Segue l'Alpino:
Procedo verso una magnifica parete, non difficile:
Sparisco dietro una paretina a sinistra e mi trovo di fronte una placca liscia, molto ben protetta a spit, che traverso salendo verso sinistra, poi doppio lo spigolo con un singolo passo delicato in discesa:
Mi fermo e faccio salire Paolino; la conserva protetta infatti costringe ogni tanto a riunirsi in sosta per scambiarsi il materiale; noi ne approfittiamo per darci il cambio in testa.
Paolino sale ora le pareti che ci portano verso la fine della via e dell'ultimo torrione:
Con bei movimenti e sempre su roccia ottima, eccoci ormai a pochi passi dal termine di questa piacevolissima via:
Giusto sotto la cima, Paolino preferisce fare un tiro di corda assicurato, in placca:
Ci siamo, siamo fuori.
Il problema è che la vetta della montagna dista ancora oltre mezz'ora di cammino su sfasciumi e dobbiamo ancora scendere all'intaglio con una doppia da 20 m.
Doppia che tra l'altro si rivela relazionata in maniera demenziale: essendo scritto doppia da 20 m, abbiamo una corda da 40 m; il problema è che i 20 m di calata ti lasciano in una gola piuttosto disagevole da scendere disarrampicando; insomma, ci starebbe bene una bella calata lunga da almeno 30 m!
L'ora di rientro obbligata però ci impedisce di pensare di salire ancora, così iniziamo la discesa, che sarà lunga e scomoda.
Foto al Col du Pelvas, con dietro gli speroni scalati e la cima vera e propria più in alto:

Via di corsa verso l'auto e poi verso casa, che raggiungeremo appena in tempo:
Dal parcheggio, che raggiungiamo verso le 15,00, ancora il Bric Bucié: