sabato 28 maggio 2016

TORRE CASTELLO (m 2.448): Spigolo Castiglioni

Sabato 28 maggio 2016
Io e Rena

Ci sono alcune vie che studi, desideri, ammiri dal basso un'infinità di volte, ma che rispetti al punto di non deciderti a salire a scalarle...
E' il caso dello Spigolo Castiglioni (6a   TD-   6L   165 m) alla Torre Castello (m 2.448).
Eh sì, proprio in Castello, dove scorrazzo molto spesso, dove quindi mi capitava spesso di alzare lo sguardo a una delle linee più eleganti in assoluto...
In settimana chiamo Rena e gli propongo di salire lo Spigolo, lui accetta.
Ok, ci siamo!
La via:

Appuntamento sabato mattina alle 6,30, poi si punta a Chiappera, verso le 8,30 siamo in movimento, partendo dal parcheggio basso.
Chi è lo strano tipo con telecamerina sul casco???
Oggi sfoggio un nuovo orpello, per l'occasione... una GoPro nuova di pacca, mai usata, vediamo cosa viene fuori.
Saliamo con calma, anche se le previsioni parlano di possibili piogge da metà pomeriggio: infatti optiamo per raggiungere lo Spigolo per il Camino Est (IV   AD   2L   90 m), viuzza aperta niente meno che da Gervasutti nel 1933, velocemente, e inoltre lungo la via avremo le soste di calata, in caso di necessità.
Eccoci ancora una volta al cospetto delle magiche pareti est e anche oggi lo sguardo cade subito sullo Spigolo Sud-Est della Torre, naturalmente:
C'è già un po' di gente in giro, compresa la somma minaccia del rocciatore: i corsi CAI!
Giù in basso salgono treni di persone che giungeranno ad affollare le pareti, anche se lungo le solite vie più gettonate.
Oltre a 7-8 persone all'attacco dello Spigolo Maria Grazia, vedo due ragazzi sotto la Forcella Provenzale e già maledico la sfortuna... nessuno ha ancora salito lo Spigolo quest'anno e proprio adesso devo trovarmeli davanti???
In realtà mentre mi avvicino e sprono Rena ad accelerare il passo, sento che i due ragazzi mi hanno riconosciuto e mi chiamano: sono Giova e Gianluca e saliranno la Via del Teschio Stanco alla Figari, per proseguire poi lungo la Genovesi Sud alla Torre.
Ci prepariamo, fa un caldo incredibile.
Alle 10,00 Rena attacca il primo tiro del Camino Est (III), in diagonale verso sinistra:
Dopo oltre 55 m sosta in prossimità del camino vero e proprio, dove lo raggiungo per proseguire per il secondo tiro (IV), che si mostra subito antipatico: roccia mediocre, umidità e pochissime protezioni:
Esco sulla forcella, trovo la sosta a spit e catene alla mia sinistra (lato Figari), poi mi volgo per recuperare il socio, mentre sullo Spigolo Maria Grazia di fronte a me si dipana il trenino di persone in lenta salita:
Lo sguardo vola subito all'aereo ed estetico spigolo che ci aspetta:
Dopo qualche minuto, ecco Rena in uscita dallo scuro camino:
Qualche parola con gli amici che intanto sono quasi fuori dalla loro via sulla Figari, poi si attacca il nostro vero obiettivo di giornata; Rena scala la parete subito a sinistra dello spigolo, rinvia un chiodo, la sosta dopo 20 m e prosegue, concatenando i primi due tiri (IV+), aggirando a sinistra lo strapiombo giallo in foto, dove rinvia un friend incastrato:
Poi torna sul filo dello spigolo, dove trova la sosta su 3 chiodi, dopo circa 40 m:
Gli amici sulla Figari, Giova ci dà anche qualche dritta sulla nostra via:
Terza lunghezza (IV+): parto in diagonale verso destra, lungo un'evidente diedro-rampa solcato da una bella fessura di dita, con un chiodo in partenza:
La relazione parla poi di traverso a destra, per salire poi direttamente verso lo spallone; traverso a destra lungo una sorta di cengia rocciosa, poi incontro un diedrino ascendente, senza vedere chiodi.
Mentre mi appresto a scalarlo, vedo uno spit un metro e mezzo a destra, in basso, cui segue una cengia bassa con sosta a spit (l'ultima sosta della Fessura Brunilde) e, alla sua destra, un muro articolato con la vecchia sosta dello Spigolo, su 3 chiodi.
Ok, sapendo che la Fessura Brunilde converge nella nostra via, scendo un paio di metri e traverso ancora a destra.
Qui avviene un patatrac del tutto inaspettato: appena sfioro con la mano destra il blocco accanto alla sosta a spit, questo viene via, in maniera tanto inattesa da non darmi il tempo di ritrarre la gamba sinistra dalla sua traiettoria...
Risultato: il blocco mi centra il ginocchio, passa sul mio piede e precipita verso il basso.
Fortunatamente nessuno si trova là sotto, ma il mio piede... beh, stava meglio prima...
Riesco a muoverlo, quindi proseguo.
Rinvio anche la sosta e salgo il muro alla sua destra, raggiungendo poco dopo lo spallone, superando una serie di risalti, fino alla sosta a spit alla base dello spigolo, laddove si impenna definitivamente verso il cielo.
Eccoci su questo tiro, fotografati da un altro amico giunto intanto alla Forcella Provenzale (ma quanti eravamo oggi in Castello???):
Recupero il socio, dopo aver rassicurato gli amici sulle mie condizioni:
In realtà specialmente il piede inizia già a gonfiarsi e mostra chiaramente i segni del passaggio del blocco di quarzite:
Avanti, da adesso si fa sul serio: quarto tiro (V+), tiro incredibile:
Rena doppia lo spigolo, poi sale diritto per una decina di metri, con un paio di passaggi delicati, ma diversi chiodi in posto.
Più in alto, inizia a traversare in diagonale a sinistra.
Proprio qui si trova uno spit senza piastrina, inutilizzabile.
Un passo tecnico verso sinistra, tenendo piccole tacche in alto, fa riguadagnare lo spigolo, dove troviamo la vecchia sosta a chiodi, che rinviamo per salire ancora qualche metro, s cengia, dove si trova la nuova sosta a spit:
Tocca poi a me, saggiando la risposta del piede e del ginocchio salgo il tiro, con grande ammirazione per i primi salitori (beh, Castiglioni e Bramani, non certo due qualunque!), e spunto sotto la sosta:
Il mitico penultimo tiro (V+), quello del traverso in piena parete sud, tocca dunque a me: dalla sosta mi innalzo diritto rinviando subito uno spit, salendo con la mano destra sul filo dello spigolo; più in alto trovo un altro chiodo e ancora sopra un secondo chiodo.
Quando lo raggiungo, mi guardo a sinistra per iniziare il lungo traverso, ma vedo a circa due metri, più in basso, un chiodo, posto in posizione raggiungibile più facilmente traversando più bassi... Insomma, consiglio ai ripetitori di non raggiungere il secondo chiodo (oltre allo spit iniziale), ma di traversare prima, raggiungendo il chiodo giallo.
A questo punto proseguo il traverso, con buoni appoggi e discrete prese, ma con parete lievemente strapiombante, insomma sulle braccia: vedo allora in alto a sinistra un secondo spit, che mi impegno a raggiungere.
Da qui, procedendo in diagonale a sinistra su terreno più facile, incontro una mitragliata di chiodi e mi permetto anche di saltarne 2 o 3; dopo l'ultimo, mi sporgo in fuori e scorgo la sosta su 3 spit e catene posta 5 o 6 metri a sinistra, leggermente più in basso; la raggiungo con un singolo passo delicato e infine lungo buoni appoggi.
Qui, oltre al vuoto e all'estrema esposizione che mi circonda, il pensiero corre a un ragazzo che ho appena conosciuto, essendo stato tra gli istruttori del mio corso base di alpinismo, che esattamente 5 anni fa, il 28 maggio, ci ha lasciati in seguito ad una caduta in questo punto della via...
Torno a concentrarmi, recupero le corde e faccio salire Rena, che dopo aver studiato per bene i passaggi in verticale traversa a sua volta:
Alle nostre spalle, in basso, la Punta Figari (m 2.345):
Che ambiente grandioso!
Sotto di noi, il vuoto:
Ci siamo, è l'ultimo tiro, il sesto (V+): Rena attacca la parete verticale che ci sovrasta, con una serie incredibilmente divertente e omogenea, continua di passaggi verticali o leggermente strapiombanti, sempre con buone prese, rinviando alcuni chiodi (prima più numerosi, poi più ariosi verso l'uscita):
Un'ultima rampa verso sinistra lo porta sulla piatta sommità della Torre.
Quando inizio a salire, sotto di me ecco Giova e Gianluca che cercano di uscire dalla Genovesi Sud, dicendomi che la chiodatura lì è veramente scarsa e precaria:
Eccoci entrambi in vetta, poco prima delle 15,00:
Non vi troviamo nessun altro, così facciamo su le corde e ci dirigiamo verso la croce ed il libro di vetta, per le operazioni di rito:
Qualche foto:
Con la vicinissima Rocca alle spalle:
La discesa ci pone un'alternativa: ridiscendere lungo lo Spigolo oppure calarci lungo le classiche linee della Rocca Castello.
Qui sbagliamo.
Optiamo per la seconda strada, una doppia da 30 m lungo la Placca Gedda ci porta tra la Torre e la Rocca.
Andiamo così ad infilarci nel caos di chi sale e chi scende, corsi CAI, ecc...
Risultato: impieghiamo 2 ore!
Pazienza, noi oggi siamo contenti comunque.
Un'ultima occhiata alla freccia di quarzite piantata a monte della borgata di Chiappera, poi si torna a casa, ovviamente già facendo progetti per le prossime avventure:

sabato 21 maggio 2016

TETE du SANGLIER (m 2.653): Fleurs de Rocaille + Jardin d'Amandine

Sabato 21 maggio 2016
Io e Federico

Una salita desiderata e progettata da un po', una grande giornata che non ha tradito le aspettative.
Nel decimo anniversario dal mio incidente in Castello, cosa c'è di meglio di una splendida giornata in montagna, con un tempo finalmente magnifico e la prima scalata in cordata con Fede?
La Tete du Sanglier (m 2.653) si trova nel'alta Vallée de l'Ubaye, a quasi tre ore di auto da casa; in più la combinazione di vie che propongo a Fede è piuttosto lunga ed impegnativa, quindi il ritrovo è verso del 5,45.
Guido io e punto dritto al Colle della Maddalena, che doppiamo per scendere in Ubaye e svoltare verso Maljasset.
Arriviamo a destinazione verso le 8,30, posteggio e questa è la vista grandiosa sulla parete sud-est della montagna, anche detta "Parete dei due diedri":
Saliremo la via Fleurs de Rocaille (6a   TD   4L   150 m), per poi andarci a ricongiungere con la via Jardin d'Amandine (6a   TD   11L   400 m), già scalata quasi 4 anni fa, ottenendo una via di circa 380 m.
Stavolta azzecchiamo subito la via più breve per l'avvicinamento, dopo i ravanamenti di 4 anni fa, ed in circa 25' siamo all'attacco della via, segnalato da una scritta in verde:
Ci prepariamo, ci leghiamo e Fede attacca il primo tiro (5a), in un diedro verticale:
La giornata si conferma splendida dal punto di vista meteo, la temperatura è ottima.
Sappiamo che la chiodatura sarà piuttosto ariosa e lo si capisce da subito. La roccia è una magnifica e solida quarzite.
Fede sale poi la placca seguente ed il muro che lo conduce alla comoda sosta, in una nicchia.
Ci alterniamo al comando e salgo senza indugio la seconda lunghezza (5b):
Il tiro è una lunga galoppata sempre in leggero diagonale verso destra, con appigli netti e qualche appoggio da individuare con attenzione; un bellissimo tiro, dove poco dopo mi segue l'amico:
Terza lunghezza (5c): diritti a goccia d'acqua, sempre in alto, sempre verticale, su prese entusiasmanti:
Eccoci al passo chiave, il quarto tiro (6a), che tocca a me:
Selfie in partenza, in sosta, poi attacco le prime placche, facili ed articolate:
La parete si raddrizza e, quando raggiungo la parete scura, a tratti strapiomba.
Le prese sono sempre abbastanza buone, la via è più fisica che tecnica; un paio di passi delicati in leggero traverso a sinistra e qualche presa bagnata mi danno un po' di grattacapo, ma poco dopo sbuco in cima al pilastro, da cui recupero l'amico:
E' all'incirca mezzogiorno e la prima parte della via è finita (anzi, la via Fleurs de Rocaille termina qui), ma noi proseguiamo verso la vetta della montagna:
La tattica per quel che concerne la discesa sarà la seguente: se non ci sarà troppa neve in cima, scenderemo a piedi verso il Vallon des Houerts, al cospetto del dolomitico Sommet Rouge (m 2.845), in alternativa torneremo giù in doppia, anche se non è certo la soluzione più consigliata dalle relazioni...
Risaliamo fino al cengione, aggirando qualche nevaio, poi ci portiamo a sinistra, a reperire lo spigolo che contorna il diedrone, dove individuo e raggiungo la sesta sosta di Jardin d'Amandine; lancio una cima di corda a Fede e lo assicuro fin qui.
Da questa sosta mi innalzo per i 50 m di 4c che mi conducono alla cengia superiore, dove trovo una sosta attrezzata, 3 m a sinistra di un albero.
Traverso poi per circa 40 m a sinistra, salendo pochi metri per poi ridiscendere lungo un'evidente diedro-rampa, fino al limitare del nevaio da cui inizia l'ultima parte della via.
Assicuro l'amico in discesa:
Sgranocchiamo qualcosina, poi avanti: Fede attacca le placche del sesto tiro (5b), un tiro lunghissimo, almeno 50 m:
Raggiunta una sosta alquanto scomoda, appeso nel vuoto a destra di un diedro e al di sotto di un grande tetto, il socio mi recupera.
Mi aspetta un tiro splendido, lunghissimo e continuo, il settimo (5c):
Mi ribalto quasi subito a sinistra sullo speroncino che delimita il diedro di sosta, poi inizio a salire in verticale, superando una prima fascia strapiombante e proseguendo in massima esposizione, con un paio di passaggi più tecnici in uscita da tettini, leggermente verso sinistra, poi ancora diritto, con le corde che iniziano a far sentire il loro peso, fino alla sosta, dopo una cavalcata di oltre 45 m.
Poco dopo, Fede mi raggiunge, uscendo dall'ultima fascia strapiombante:
Che spettacolo!
Avanti, ottava lunghezza (5c): placche facili, poi qualche passo verso destra per attaccare il tetto soprastante, passaggio in realtà molto più agevole di quanto sembrasse dal basso:
Seguono altri bei passaggi, fino ad un diedro che risale da destra a sinistra, fino in sosta.
Da qui parto senza indugi per la nona ed ultima lunghezza (4b), facili placche e un paio di passaggi ancora verticali, guadagno la sosta verso le 14,45 e faccio salire il socio:
Alle nostre spalle le cime principali dell'Ubaye: l'Aiguille Pierre-André (m 2.812) e il Aiguille de Chambeyron (m 3.412):
Pausa ristoratrice, la vista da qui non è terrificante, non sembra esserci troppa neve.
Mancano comunque 30 minuti alla vetta...
Dopo dieci minuti raggiungiamo l'anticima e purtroppo quel che vediamo non ci piace: le cenge che permettono di salire e in parte aggirare le placche rocciose sono purtroppo ingombre di neve e, rivolte come sono verso il basso e verso un abisso di centinaia di metri, non sono molto invitanti:
Optiamo per tornare sui nostri passi ed avventurarci in una lunga serie di 9 calate in corda doppia:
Fortunatamente, a parte un paio di episodi risolti senza risalire, verso le 18 siamo a terra e possiamo imboccare il sentiero percorso all'andata in senso inverso, volgendoci continuamente ad ammirare la splendida parete appena scalata:
L'ambiente circostante è fantastico, ci porteremo il ricordo di una grande giornata in montagna, senza incontrare anima viva, come piace a me:
La parete sud-est, ora totalmente in ombra:
I due ceffi che ridiscendono a valle, soddisfatti:
La via salita:
Non è finita: dopo la piadina e il panino lasciati nella borsa frigo (grande idea!), mi aspettano quasi tre ore di auto, ma ne è valsa ampiamente la pena!