sabato 16 giugno 2012

PETITE AIGUILLETTE du LAUZET (m 2.611): Davin

Sabato 16 giugno 2012

Io e Paolino l'Alpino





Da molto tempo avevo adocchiato questa incredibile guglia dolomitica incastonata nei Cerces.
Stavolta ci siamo, è ora: all'appello risponde solo Paolino l'Alpino; siamo pochi, ma agguerriti.
La partenza è di quelle discretamente alpinistiche: sveglia alle 4,30 e partenza alle 5,00.
Passo a prendere Paolino e mi lancio lungo la ben nota autostrada che ci porta a Briançon, ormai una seconda patria; proseguo verso Serre-Chevalier e raggiungiamo la località termale di Le-Monetier-les-Bains. Parcheggio a Pont-de-l'Alpe e subito devo farmi un panino, mentre ci prepariamo.
Poco dopo, arriva una signora col capello grigio, da sola, parcheggia, saluta educatamente ed estrae lo zaino per iniziare la sua escursione: W la France!
Verso le 7,50 partiamo, con gli occhi fissi sull'obiettivo, la Petite Aiguillette du Lauzet (m 2.611), che tanto petite non sembra...
La temperatura è sui 9°C, ma sappiamo che oggi salirà di brutto.
Nonostante tutto, evito i pantaloni corti, visto che la via è in buona parte esposta a ovest e quasi tutta infilata in diedri e camini...
Alle prime baite dopo la grande croce in legno, lungo il sentiero già percorso lo scorso anno in direzione delle Aretes de la Bruyère (m 2.619), svoltiamo a destra e saliamo diretti per prati piuttosto pendenti.
Facciamo anche qualche piacevole incontro, uno stambecco placido ed affamato:
Andiamo a reperire il bellissimo sentiero del Chemin du Roy, da cui continuiamo ad ammirare la nostra meta:
Riconosciamo già il tracciato della nostra via, la classica della zona, la via Davin (V   D   12L   300 m), nell'infinito diedro-camino sul lato sinistro della parete ovest:
Intanto, alle nostre spalle, l'ombra lunga ed affusolata della vetta si staglia sull'assonnato e indifferente abitato di Le-Monetier:
Siamo soli, non c'è anima viva: benissimo, quanto mi piace non incontrare anima viva in montagna!
Alle nostre spalle, alzando un po' lo sguardo, i colossi del Delfinato: Les Agneaux (m 3.664):
Lasciamo il sentiero e ci inerpichiamo lungo i faticosi prati e ghiaioni che conducono in circa 20 minuti alla base dello zoccolo della parete.
La via originale attacca più in alto, ma piuttosto di ravanare per aggirare le pareti dello zoccolo sono state attrezzate delle vie moderne:
Ecco il diedro da cui attaccheremo i due tiri per superare lo zoccolo.
Ci leghiamo, parto io: sono le 9,15.
La via sale un evidente diedro (V), con inizio delicato su roccia piuttosto scivolosa...
O meglio, come si dice da queste parti, patinée...
Mi alzo in spaccata su appoggi aleatori:
Inizio non banale, ma poco dopo raggiungo la sosta in una nicchia di roccia:
Paolino mi raggiunge e proseguiamo a comando alternato.
Il secondo tiro (V) sale un diedro verticale più pronunciato, quindi esce su placche e rocce un po' delicate:
Sopra di noi, la torre calcarea si innalza altissima:
Ora ci trasferiamo camminando fino ad imboccare un couloir roccioso incassato, invisibile dal basso, sbarrato ad un certo punto da una parete che è tutt'altro che II grado, come dice la relazione...
OK, abbiamo già capito come sarà la nostra giornata... più dura del previsto!
Del resto avevamo già intuito che c'era da stare all'occhio, a giudicare dalle tempistiche di salita riportate dai pochissimi che hanno relazionato la via in rete.
Un bel III grado superiore, senza protezioni:
Superato l'ostacolo, stranamente dotato di sosta su chiodi alla base ma praticamente improteggibile, sappiamo che dobbiamo studiare bene la relazione, perchè in molti hanno fatto casino qui...
Riconosciamo la traversata verso sinistra, un poì esposta, tralasciamo la fila di spit di un'altra via e scorgiamo quello che dovrebbe essere il nostro diedro-camino.
Paolino mi segue:
La vetta è sempre lontana, ma l'ambiente impagabile:
OK, ci siamo: dopo un vecchio chiodo, trovo 5 o 6 metri più in alto nel diedro la sosta con chiodo e spit da collegare, l'attacco della via Davin originale:
Si torna a salire a tiri di corda, vado avanti io:
Quello che per noi è il terzo tiro (IV sup) si snoda su per il diedro-camino, con passi faticosi e a volte strisciando letteralmente nei restringimenti del vero colatoio che rappresenta per la parete.
Per il resto, oggi sarà il festival della salita in spaccata ed in opposizione:
Il secondo tiro (IV sup) prosegue lungo il camino:
Anche stavolta troviamo una strettoia particolarmente angusta, in cui fatichiamo a passare:
Perdiamo tempo a capire se la sosta sia quella giusta, essendo spostata sulla destra di qualche metro dalla linea del camino.
Salgo la terza lunghezza (IV), prima facilmente a destra, poi ancora strisciando verso sinistra:
Salgo quindi in obliquo verso sinistra in una larga rampa a placca, peraltro senza trovare chiodi...
A parte il discorso della protezione, non trovo conforto per sapere di essere sulla reta via; alla fine trovo una sosta a spit da collegare e, poco sopra, un'altra in placca già collegata, che raggiungo:
La parete sopra di noi: ora siamo fuori dal camino:
Paolino traversa a destra in placca (IV): la quarta lunghezza è molto breve e ci porta, manco a dirlo, alla base di un camino strapiombante.

Il quinto tiro (IV sup) è decisamente atletico, sempre su roccia che non dà grandissima fiducia sugli appoggi; meno male che il camino richiede spesso forti spaccate, per cui in opposizione il piede tiene:


Vertigine:

Raggiungo una nicchia e la sosta, dove mi raggiunge il compagno.
Sesta lunghezza (IV): Paolino esce sulla destra in placca, poi sale una fessura, quindi traversa a sinistra per portarsi sulla verticale della mia sosta:
Alla mia destra, ecco spuntare la magnifica ed imponente Barre des Ecrins (m 4.102), dominatrice e punto culminante del massiccio degli Ecrins:
La parete sopra di me:
Gli ultimi facili metri mi conducono in sosta:
Dopo la breve digressione sulla destra, torniamo nel nostro infinito diedro-camino e mi tocca uno dei tiri più duri degli ultimi tempi...
Settimo tiro (V): primo spit molto alto e spostato a destra, in placca, mentre si sale il diedro e subito ci si deve portare a sinistra, in grande esposizione e lontano dallo spit successivo.

Traversata a sinistra sulle mani accoppiate su buona lama, ma passo sprotetto; finalmente arrivo a rinviare lo spit e salgo in verticale nel camino; il camino finisce sotto ad un tetto, per cui pare logico traversare a sinistra ed uscire sul filo dello spigolo: il problema è che il passaggio non è facile e io non vedo chiodi, né spit da nessuna parte...
Ad un certo punto mi accorgo che ho uno spit dietro le spalle, sopra la testa, quasi sul tetto soprastante!
Benissimo, ora uscire fuori in esposizione sul filo non fa più paura: risalgo in verticale lungo magnifici risalti, anche se sono già piuttosto brasato dagli sforzi...
Quando comincio a cercare la sosta con insistenza, mi ritrovo invece ad infilarmi in un nuovo camino strapiombante, con l'ultimo spit ormai lontano 7 o 8 metri...
Possibile? Un passo così duro senza protezioni?
Faccio un tentativo, ma il passo è davvero duro, il camino angusto ed improteggibile... Impreco e mi cago un po' addosso... oltretutto la stanchezza mi diminuisce le forze... ma ormai da qualche parte devo andare, sono ad oltre 30 m dalla sosta precedente...
Un altro accenno di tentativo, poi torno giù un paio di metri e listinto mi porta a fare un'ultima verifica: vuoi vedere che... Cazzo, appena mi sporgo completamente a destra, senza logica, individuo una nicchia con due spit di sosta da collegare!
Per fortuna ho trovato la sosta, altrimenti mi sarei cacciato veramente male...
Collego gli spit e posso riposare, mentre recupero Paolino:
Benché sia salito "solo" da secondo, mi pare che la sua faccia la dica lunga sull'impegno di questo tiro:
Riprendiamo, Paolino sale l'ottavo tiro (IV), proseguendo lungo lo sperone verticale, fino alla cengia detta Vire Davin:
Dopo la cengia, un traverso esposto ma facile, fino alla comoda sosta:
Tocca a me:
Ancora con le mani ghisate, percorro la cengia:
Ormai siamo molto in alto, infatti eccoci all'altezza del pilastro che faceva bella mostra di sè alla sinistra della parete, dal basso:
Il nono tiro (IV+) è ancora in un diedro-camino, faticoso... Non ne ho più molta voglia, ma, dopo aver ispezionato un traverso a sinistra fin sotto il pilastro, non trovo nulla, se non una vecchissima sosta a chiodi e strapiombi sopra di me...
Torno indietro ed affronto il diedro-camino:
La verticalità continua a farla da padrona:
Dopo un tiro comunque divertente, esco sulla sommità del precedente pilastro, proprio mentre una cordata sul versante opposto esce da una via impressionante, di 6c, su un pilastro magnifico:
Recuper Paolino; lui dice di essere molto stanco, io invece sono in clamoroso ritardo (questa sera ho una cena...), essendo già le 16,30.
Sopra di noi, ancora tre lunghezze fino al 6a, che non credo proprio facessero parte della via originale, essendo in placca...
Ci guardiamo in faccia, ma ci siamo già capiti: usciamo a sinistra con una breve calata in doppia su ancoraggio... alla francese...
Non prima di aver ammirato la grandiosa visione della Barre des Ecrins (m 4.102), che voglio scalare nelle prossime settimane:
Risaliamo il pendio fino alla forcella, dove svoltiamo a destra ed in breve siamo in vetta:
La vicina cima dell'Aiguillette du Lauzet (m 2.717):
Le Aretes de la Bruyère (m 2.619):
La Tete Colombe (m 3.022):
La croce di vetta ed i colossi del Delfinato:
La regina, la Barre des Ecrins (m 4.102):
Autoscatto di rito:
E' tardi, devo scappare: imbocchiamo subito la traccia di sentiero che scende dalla cima.
Non siamo soli:
Più in basso, ci imbattiamo in altri camosci, ancora in fase di cambio d'abito da invernale a estivo:

E' veramente il paradiso dell'arrampicata su calcare, paretoni compatti ovunque (in secondo piano, la cima da cui stiamo scendendo):
La più bella di tutte è senza dubbio la Petite Aiguillette du Lauzet (m 2.611), appena scalata:
Non posso astenermi dal fotografarla da ogni angolazione:
Una gemma dolomitica:

2 commenti:

paolino l'alpino ha detto...

Mi sento di raccomandare a chi vuole ripetere la via, di evitare, se possibile, di avere altre cordate davanti.
L'alpinista e le corde fanno spesso cadere pietruzze verso il basso che inevitabilmente si vanno a incanalare nei diedri.

DANI ha detto...

Assolutamente sì.
Aggiungo di lesinare troppo sull'abbigliamento, in quanto si rimane quasi sempre in ombra, vuoi per l'esposizione della parete, vuoi per il fatto che si è sempre infilati in camino.