Venerdì 26 febbraio 2021Io e Stefano
Oggi ci regaliamo una grande giornata di alpinismo con la A maiuscola, purtroppo con finale drammatico.
L'idea è di quelle che stuzzicano l'appetito: un'altra traversata del Gruppo Castello-Provenzale, ancora in invernale, come lo scorso anno, quando col Pol percorremmo la traversata integrale, subito prima del lockdown...
Stavolta scopro la Traversata Savio-Garro (V- 1500 mm), chiodata dal grande Sergio un paio di anni fa e subito la propongo a Stefano, che ovviamente è entusiasta; gliela propongo insieme alle solite opzioni in elenco numerato e so già che lui sceglierà questa...
Le condizioni in Castello sono eccezionali: dalla webcam si vede che praticamente non c'è neve; le previsioni meteo parlano di un caldo anomalo pazzesco, con zero termico oltre 3.000 m e assenza di vento, con sole pieno.
Il coprofuoco ci impone l'orario... parto da casa alle 5,00 e l'appuntamento è alle 6,10 a Dronero.
Poco dopo le 7,00 eccoci a Chiappera; la strada è ancora innevata, così devo parcheggiare al bivio per il rifugio Campo Base. Fuori fa freddino, ci vestiamo e ci prepariamo; ci sfiora il dubbio di portare una sola mezza da 60 m, ma subito lo scartiamo: in questo ambientino meglio la sicurezza di due corde lunghe, non si sa mai... Una dozzina di rinvii, dotazione completa di nut e friend, fettucce, cordoni anche da abbandono e via.
Manca poco alle 7,30 quando siamo in cammino:
Alle 8,00 siamo all'attacco della prima parte della via, la Cresta Sud della
Rocca Provenzale (m 2.402), dove camminiamo e arrampichiamo in slego sul facile:
Bellissimo:
La via è pulita e asciutta, tutto bene:
Eccoci in vista del castello terminale:
Alle 9,30 siamo in vetta:
Come sempre, il panorama da quassù toglie il fiato, soprattutto la vista sulla parete sud della Torre Castello (m 2.448); ogni volta pare quasi impossibile che io l'abbia scalata già quattro volte!
Una sistemata allo zaino, una bevuta, qualche foto:
Lo sguardo sul proseguo della via, la Cresta Figari, anche quella sembra pulita dalla neve e dal ghiaccio:
Mamma mia che ambiente grandioso...
Attrezo la calata in doppia, una ventina di metri lato nord, con ancoraggio circa 3 m a nord-est dalla croce sommitale; atterro su un comodo terrazzino, in un mondo incantato:
Stefano scende a sua volta:
Ci leghiamo con una mezza sdoppiata e con anelli di corda, per progredire in conserva protetta a 15 m;
la prima parte della traversata in cresta si svolge prevalentemente sul lato est, al sole, con qualche passaggio reso infido da un po' di ghiaccio:
La quarzite qui come ben sappiamo permette quasi sempre di proteggersi bene; dopo una sezione divertente giungiamo a un punto di calata, dove trovo lato ovest un ottimo ancoraggio con spit e catena:
Da lì proseguiamo sul filo di cresta, con passaggi fino al III+, sempre con scarponcini da avvicinamento ai piedi; la strada percorsa fin qui:
...e quella di fronte a noi:
La temperatura è gradevolissima, tutto fantastico; il filo di cresta si interrompe bruscamente una seconda volta e anche stavolta trovo l'ancoraggio di discesa in doppia:
Dopo pochi metri, dopo l'intaglio profondo, dobbiamo risalire per raggiungere la vetta della Punta Figari (m 2.345); facciamo un tiro di corda e Stefano sale senza problemi (III+):
Salgo poi a mia volta e raggiungo l'amico comodamente seduto in vetta:
Selfie:
Sono le 12,00.
La strada percorsa fin qui:
Ora volgiamo lo sguardo a nord, puntiamo dritti alla Torre Castello, magnifica:
Attrezziamo la calata e scendiamo in doppia per 35 m fino alla cengia-rampa alla base della cresta della Figari, sul lato ovest; prima mi calo io, poi Stefano:
Ora percorriamo la cengia, in parte innevata, e disarrampichiamo un tratto, per traversare poi più facilmente fino alla Forcella Provenzale. Qui facciamo una pausa mangiando qualcosa.
Alle 12,50 attacchiamo lo Spigolo Castiglioni, dopo aver calzato le scarpette da arrampicata.
Ci leghiamo con le due mezze corde e vado davanti io: il primo tiro (IV+) attacca il filo dello spigolo, poi aggiro a sinistra uno strapiombo rossastro, per salire direttamente e tornare poi a destra sul filo, dove rinvio la prima sosta e decido di concatenare il secondo tiro (V-), come l'ultima volta che l'ho salito.
Traverso a sinistra qualche metro, rinvio un buon chiodo, supero il passo lievemente strapiombante a sinistra, poi salgo diritto lungo una serie di splendidi passaggi, che mi portano poi nuovamente a destra su un aereo terrazzino in cresta, dove trovo la sosta a chiodi.
Poco dopo mi raggiunge il socio:
Passa avanti Stefano, che sale il divertente terzo tiro dello Spigolo Castiglioni (IV+), salendo in dulfer la rampa a destra della sosta, traversando qualche metro a destra e impegnando uno dei diedri verticali che salgono fino a sbucare nuovamente sul filo:
Lo raggiungo poco dopo alla sosta sul filo dello spigolo da cui inizia la parte nuova anche per me della salita; sono le 14,10 quando lascio la sosta, traverso a destra in piena parete est della Torre Castello, in totale esposizione, rinviando un primo chiodo e proseguendo con attenzione per una decina di metri, fino alla sosta su due spit e catena, posta in posizione appesa, preceduta da un secondo chiodo; da lì recupero Stefano:
Ci riuniamo in sosta e attrezzo la calata che, secondo la relazione, ci depositerà 25 m più in basso, al centro della parete, lungo una cengia dove troverò una sosta a spit da collegare:
Mi calo, pendolando anche 5 o 6 m a destra, faccia a monte, per planare sulla cengia, dove trovo due spittini collegati da un cordoncino marcio; mi raggiunge l'amico, poi proseguiamo; avanzo in traverso verso destra, lungo la rampa in parte invasa da terriccio, erba e pinetti; trovo uno spit per proteggermi prima di un passo delicato in placca; in generale il tiro è tecnicamente facile, ma può essere insidioso in qualche tratto, a causa del terreno...
Mi porto fino al grande diedro che chiude la parete, dove trovo la sosta su spuntone e recupero l'amico:
Sono le 15 e in parete est ormai siamo in ombra.
La sosta:
Stefano sale poi il tiro successivo (IV), dopo aver lungamente studiato le scarne relazioni a disposizione, sia quella della traversata, sia quella del Camino Palestro, la via che intercettiamo da qui in corsa, sulla guida della Castello.
Scala i primi 10 m su roccia delicata, raggiunge una nicchia e scorge il chiodo che ci fuga gli ultimi dubbi sulla direzione da prendere: traversa a destra per andare a ribaltarsi al di là della quinta rocciosa, in pratica doppiando lo spigolo che chiude il diedrone in cui siamo, per raggiungere quello parallelo di destra:
Con un paio di passaggi atletici in esposizione si ribalta al di là, dove deve traversare una placca liscia con l'ausilio di un'ottima lama... ottima come presa, ma molto delicata e dall'aspetto poco rassicurante...
Infine raggiunge la nicchia di sosta, con chiodi e cordoni, da cui mi recupera.
Appena arrivo in sosta, riparto, dato che l'orologio cammina.
Il tiro successivo è di quelli che mi ricorderò per po'... supero la strozzatura iniziale e mi infilo nel camino vero e proprio, un inghiottitoio lungo 40 m, buio e invaso dalla neve... I miei amici già sanno che ho una certa avversione per i camini, stile di salita non molto abituale per noi occidentali...
Nei primi metri trovo al buio 3 o 3 chiodi, poi più nulla... a un certo punto il camino si fa strettissimo, ci passo appena... poi l'ultimo passaggio, l'uscita strapiombante fino a raggiungere la nicchia di sosta, con cordoni attorno ad uno spuntone.
Mi assicuro e recupero l'amico, che sale decisamente divertito:
Ci siamo, ultimo tiro. Scambio di materiale e Stefano attacca il diedro-camino verticale sopra la sosta; dopo 6 m rinvia un chiodo e traversa a sinistra (IV+) lungo una rampa lievemente aggettante, senza prese serie per le mani; raggiunge un altro chiodo, che non gli piace granché, così poco prima inserisce un piccolo ma buon nut, poi sale dritto verso l'uscita in cengia.
Improvvisamente, lo sento urlare "pietraaaa", ma quando volgo lo sguardo non vedo cadere una pietra, bensì vedo piombare giù lui!!!
Una presa si rompe e Stefano cade all'indietro... lo veddo arrivare fino alla mia altezza, alla mia sinistra, e sbattere violentemente di schiena sulla parete, ribaltato a testa in giù...
Trattengo il volo senza grande sforzo e contraccolpo, mentre noto che una frazione di secondo dopo scorre giù lungo la corda un rinvio attaccato ad un chiodo... l'ultimo chiodo rinviato è stato strappato via, Stefano è stato trattenuto dal suo piccolo nut...
Cerchiamo di capire come sta messo... intanto si rigira in posizione normale, poi realizza che è appeso a un piccolo nut... fortunatamente proprio davanti al proprio naso trova un chiodo, totalmente fuori via per noi (scoprirò poi dalla vecchia guida di Motti e Gogna del 1976 che si tratta di una variante (4/B/2 a pag. 49), che presenta proprio un chiodo in questo traverso in placca.
Si assicura a quel chiodo e cerca di calmarsi e fare un primo check sulle sue condizioni. Sembra riuscire a muovere tutti gli arti, anche se avverte dolore alla schiena e al torace.
Per un pelo gli occhiali non sono volati di sotto... sono rimasti appesi da un lato...
E' rimasto appeso circa 5 m alla mia sinistra; ora fisso le corde con cui lo sto trattenendo alla sosta e penso a come farlo tornare in sosta, al sicuro.
Inserisce un maillon rapide nel chiodo, gli lancio un capo di corda, lo fa passare nell'anello e me lo rimanda: in questo modo attrezziamo una corda fissa, lungo la quale l'amico può venire in sosta in sicurezza.
Quando mi raggiunge, cerchiamo di approfondire un po' meglio il suo stato di salute: do uno sguardo alla sua schiena, vedo escoriazioni varie ma apparentemente niente di manifestamente fuori posto; lo stesso davanti, dove suggerisco che lo stesso imbrago possa essere salito fin contro le costole, per lo strappo arrestando la caduta...
Aspettiamo un po' per vedere come va, il dubbio è chiaramente se chiamare i soccorsi o se possiamo procedere e scendere da soli.
La caduta è avvenuta alle 16,50; ora sono passate le 17,00 da qualche minuto.
Beve qualcosa e si siede in sosta cercando di autodiagnosticarsi la situazione...
Alla fine Stefano propone di provare a salire da secondo, se io salgo l'ultimo tiro e lo assicuro e lo aiuto a salire da lassù.
Ok, ovvio che nessuno di noi ha mai dovuto chiamare i soccorsi, quindi non è una cosa che faremmo a cuor leggero...
Sistemiamo le corde, ci scambiamo i capi (in quanto un ramo è passato nei rinvii) e alle 17,30 ripartiamo, salgo a mia volta l'ultimo tiro, uscendo in cengia, alla Forcella Castello, alla base della Placca Gedda diverse volte percorsa per salire la Torre Castello (m 2.448).
Attrezzo una sosta su spuntone, mi assicuro e faccio lo stesso con Stefano; quando gli grido che può salire, la corda scorre solo per poco più di un metro, poi mi dice che non ce la fa a scalare...
Dopo un rapidissimo conciliabolo, non c'è più niente da aspettare: dal momento che il telefono prende, lo uso e chiamo il 112.
Sono le 17,50.
Mi rispondono, spiego dove e come siamo messi e mi dicono di aspettare, dopo aver risposto al messaggio di conferma della chiamata e della posizione.
Mi richiamano ancora per dirmi che l'elicottero non si alzerà più in volo fino a domattina... speravo non fosse così, avendo ancora un'ora di luce...
Manderanno una squadra via terra, quind prepariamoci ad una lunga attesa.
Chiamo a casa e tranquillizzo tutti, Stefano non riesce a scalare ma non sembra essere messo troppo male; io sto benissimo; siamo in sicura, in sosta, lui all'ultima sosta della via, io fuori dalla via, sulla cengia sommitale.
Lo zero termico è eccezionalmente alto, il cielo sereno; siamo ben attrezzati, soprattutto Stefano, come cibo e vestiari. Io un po' meno, visto che patisco poco la fame e il freddo.
Possiamo restare qui, ma se scendiamo è meglio.
Se fosse come quando avevo avuto l'incidente io nel 2006, il telefono non avrebbe segnale e certamente oggi dovrei calarmi e scendere a valle a chiamare i soccorsi; oggi abbiamo segnale 3G anche qui.
La cosa migliore, visto che non ci sono feriti gravi, è poter comunicare a casa che è tutto sotto controllo.
Ci mettiamo seduti, l'attesa si protrarrà dalle 18 alle 00,30.
Stefano intanto mangia panini per cena e indossa il piumino; io sto seduto sulle pietre appuntite che trovo nel raggio di un metro dallo spit a cui sono assicurato per sicurezza, alla Forcella Castello. Purtroppo il fatto stesso di essere una forcella la rende soggetta al vento... oggi non è molto forte, ma un po' tira...
Aspettiamo, chiacchierando di continuo; ogni tanto mi chiamano i soccorritori della Val Maira, aggiornandomi sui loro tempi e chiedendomi come stia il mio amico.
Sorge intanto una luna incredibile,che illumina le pareti della Castello in modo drammaticamente magico, da togliere il fiato...
Finalmente arriva la prima squadra, che farà un lavoro incredibile, issando Stefano fino alla cengia della Forcella Castello e poi aiutandolo a scendere lungo la Diagonale Est, via da cui sono saliti.
Io scendo calandomi in doppia insieme a tutti gli altri.
A parte il numero di persone complessivamente coinvolte, veramente impressionante, rimango favorevolmente colpito dal loro lavoro, molto molto bravi.
Fortunatamente le condizioni di Stefano non sono troppo gravi, così riesce a scendere poi a valle sulle sue gambe, seppur aiutato e assistito dai ragazzi.
Quando raggiungiamo il fondovalle sono le 5,15.
Saluto l'amico che sale in ambulanza e raggiungerà il pronto soccorso, dopo essermi caricato la sua roba e attrezzatura, poi salgo sulla mia auto e prendo la via di casa, dove arrivo con il sole ormai alto.
Che dire, un'avventura che non dimenticheremo di certo, fortunatamente conclusa molto meglio di quanto avrebbe potuto essere.
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